Forza Roberta, hai un sogno da realizzare

La storia Dalla sclerosi multipla diagnosticata nel 1992 ai successi in handbike. Ora l’obiettivo sono le Paraolimpiadi 2024

«Si è presentata lanciando il sasso e nascondendo la mano ma centrandomi in pieno. Perché mi ha portato a rinunce importanti. Perché prima di “dichiararsi” mi ha fatto un sacco di sgambetti. Perché si è nascosta dietro nomi diversi: nevrassite, malattia demielinizzante, ecc… Perché quando è arrivata “sul serio” non ha fatto sconti».

La convivenza con la sclerosi multipla

Un biglietto da visita subdolo quello che le ha lasciato la malattia, la sclerosi multipla che trent’anni fa fu diagnosticata a Roberta Amadeo. Una donna che, delle sfide, aveva già fatto una ragione di vita fin da piccola nel judo agonistico. Sfide che sono proseguite, per sé e per gli altri, quando ha deciso di laurearsi, diventare presidente nazionale e provinciale dell’Aism e, nel 2010, di cimentarsi nuovamente nello sport, nell’handbike. Diventando in pochi anni una delle colonne della Nazionale italiana di paraciclismo, a suon di medaglie italiane, europee e mondiali, le ultime conquistate proprio nelle scorse settimane. «Negli anni ’80 facevo judo – racconta la cermenatese Amadeo -, uno sport che porta all’estremo l’azione. Cominciavo ad avere serie mancanze: velocità, coordinazione, equilibrio, sensibilità, presa. Nel ’92 la sclerosi multipla si è dichiarata in tutta la sua pesantezza, sono finita subito sulla sedia a rotelle: i sintomi che c’erano stati erano cadute non curate, una somma che fa il totale. Sembrava un virus, poi si è individuato il problema. Ai ragazzi di oggi, la sclerosi multipla la diagnosticano i neurologi: si può contenere, ma la devi attenzionare, altrimenti succede quello che è successo a me».

Roberta non si è arresa, mai

Ma la vita di Roberta non si è certo fermata. Carattere forte, determinazione e un pizzico di sana faccia non le sono mai mancati: «A 22 anni è stata dura però. Ho vissuto due anni complicati, con problemi anche di spasticità forte. Anche oggi, di tanto in tanto, le gambe “saltano”. Mi sono data da fare: i miei amici andavano in università, io sbobinavo le lezioni: volevo la laurea in Architettura. Un esame (ride, ndr) sono venuti a farmelo al Sant’Anna, mentre ero ricoverata. Mi ha consentito di tenere il cervello impegnato in altro. E anche la fisioterapia: due volte al giorno, sempre in palestra a fare rinforzo, il mio vero obiettivo era tornare in piedi. E ce l’ho fatta, per qualche anno, con un tutore: nel mio studio non volevo il montascale. Se perdi la motivazione, perdi anche l’esercizio. Ho sempre puntato a una riabilitazione che desse risultati nel tempo».

Un incidente in strada mentre veniva trasportata in ambulanza ha complicato le cose. Poi è arrivato il lavoro: «Ho lavorato in un grosso studio a Milano fino al 2007, poi mi sono ritirata in provincia. Non ho sostenuto l’esame di Stato: firmare progetti senza poter svolgere i sopralluoghi non mi ha mai entusiasmato…».

E poi l’impegno ai vertici di Aism

E, con il tempo, è arrivato l’impegno, per due mandati non consecutivi, ai vertici dell’Aism: «Da sola magari fai due passi, insieme ne fai cento. Prima sono stata consigliere, poi presidente: inizi a vedere tutto da un’altra prospettiva, perché hai finalmente un quadro generale dei problemi. Ho conosciuto mille realtà, ho fatto su e giù per l’Italia: quando ho discusso su tavoli impegnativi, non portavo i bisogni di Roberta ma di tutte le persone malate. Ho scoperto la diplomazia, che a me piace poco, ma che può aiutare ad ottenere risultati».

E poi, come una folgorazione, è arrivata l’handbike. Un’altra sfida da vincere: «È cambiata la visione dello sport per le persone malate: da sconsigliato per non fare sforzi, a raccomandato. La mia società, la Bee and Bike Bregnano, è stata tra le pioniere dell’handbike: quando me l’hanno proposto, non ho resistito. Era il 2010, nel 2011 ho vinto il campionato italiano. Dal 2019, con un preparatore, ho tabelle di allenamento precise: esco sei giorni a settimana, dando tempi a me stessa e alla malattia». Da quella bici non è più scesa, inanellando ori e soddisfazioni continue. Ne manca una, la Paraolimpiade. Ci sarà a Parigi tra un anno? «Lo scopriremo solo pedalando…».

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