Gioele mette il fiore nel vaso la sera e spera che di notte la mamma passi a prenderlo: «Ci chiede perché lei non c’è più»

La storia Donatella Grassili racconta la morte della figlia, a soli 29 anni: «Non è giusto andarsene così presto, ma Il Mantello ci ha aiutati molto»

«Ci sono sere in cui Gioele mi chiede perché la sua mamma non ci sia più, perché lui non la possa incontrare, magari per darle quel fiore finto che ha trovato in giro per la casa. Allora andiamo insieme sul balcone, mettiamo il fiore in un vaso e io gli ripeto che la mamma stanotte passerà a prenderlo. E così la mattina il fiore è scomparso, qualcuno ora l’ha con sé, e Gioele è più sereno».

Donatella Grassili e il marito, entrambi di Locate Varesino, hanno perso la figlia Chiara Zennaro nel 2018, tre giorni prima che lei compisse 29 anni. Lasciava un bambino di due anni e mezzo e il compagno.

Il ricordo e gli aiuti

Un giorno Chiara stava bene, gli esami di controllo non segnalavano nulla di strano, dopo qualche mese si è ammalata e nel giro di un anno i suoi cari le hanno dovuto dire addio.

«Quando ha avuto la diagnosi è stato uno dei momenti più difficili - racconta la mamma – Noi cercavamo di rincuorarla, di dirle le solite frasi “Non buttarti giù. Non perdere mai la speranza”. Lei allora, lo ricordo come fosse oggi, era seduta sul divano di casa mia, alzò gli occhi e mi rispose: “Non potrò insegnare a mio figlio ad allacciarsi le scarpe”. E io le risposi: “Lo hai insegnato a tanti bambini che seguivi come educatrice”. E l’ho abbracciata. Non posso e non voglio abbandonarmi alla rabbia, pensare che è ingiusto morire a nemmeno 30 anni e che non c’è più niente. Voglio pensare che domani sia migliore di oggi».

Donatella quando parla del periodo in cui è stata accanto a Chiara nella malattia trasmette una forza che è un colpo al cuore. Tra gli sconforti, la disperazione, il dolore c’è sempre stato spazio per l’amore, non è mai mancato. «Ci siamo fatti forza per lei e per Gioele, cercando di non trasmettergli la nostra sofferenza, di fargli respirare un clima per quel che si poteva non pesante. E anche con Chiara abbiamo cercato di non lasciarla mai sola, di stringerla nell’abbraccio della nostra numerosa e allargata famiglia. C’era sempre qualcuno accanto a lei».

Poi il supporto dell’èquipe di cure palliative dell’associazione Il Mantello di Mariano Comense è stato fondamentale. «Chiara poteva parlare con una psicologa e anche noi familiari trovavamo sempre qualcuno disposto a risponderci nei momenti più complicati. Senza quell’aiuto sarebbe stato tutto più difficile. Invece loro c’erano, li abbiamo sentiti presenti fino alla fine e anche dopo. A loro va un grande “grazie”. Ci erano stati segnalati per avere un sostegno volontario per le cure palliative a domicilio e quello con loro si è rivelato un incontro prezioso».

Finché c’è da correre si tiene, poi dopo la scomparsa di Chiara il vuoto è arrivato con tutta la sua ingombrante capacità di prendersi ogni spazio.

«Io anche oggi sono andata a colloquio con una psicologa del Mantello. Per me, ma anche per capire come guidare al meglio Gioele. Capire che parole usare con lui. Adesso mi chiede spesso di raccontare della sua mamma, di come era. Allora tiriamo fuori l’album delle fotografie e le guardiamo insieme. C’è anche un’altra cosa che voglio fare con lui: ascoltare la fiaba “La mamma non c’è più” che è contenuta nel podcast del Mantello, “L’ultimo tratto”. È una fiaba emotiva che racconta la vita di alcuni coniglietti quando nella loro tana arriva il dolore e la mamma muore. La considero una risorsa importante, uno strumento per condividere insieme questa fase della vita, uno spunto per non chiudersi in se stessi e per non dire “capita solamente a me”».

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