Il dramma degli studenti fragili: Afefa, le sue tre bambine con disabilità e i loro diritti negati

La storia Afefa è una delle tantissime mamme di bimbi con difficoltà di apprendimento a cui la scuola non dà un aiuto

«Cosa provo? Non posso definire quello che sento frustrazione, sono invece arrabbiata. Molto arrabbiata». Afefa Dick è una donna dal volto dolce, lineamenti a cui non abbineresti mai la parola rabbia. Non sembra appartenerle questo sentimento, non sembra essere parte della sua vita. Ma quando di mezzo ci sono i figli e il loro bene, tutto cambia. E quel sentimento che senti crescere dentro ti porta addirittura a trovare la forza ed il coraggio – perché di questo si parla – per aprirsi al mondo per raccontarsi e raccontare quello che non va, confessando di quel tarlo che scava dentro la notte, quanto tutto attorno tace e dorme, ma che tu hai sempre ben presente in testa, conficcato come un chiodo.

Perché il futuro dei propri piccoli viene prima di tutto e per quello vale anche la pena sottoporsi ad una serie di domande cui mai si sarebbe voluto rispondere. Il tema è sempre quello caldo in questi giorni a cavallo tra settembre e ottobre, l’assenza degli insegnanti di sostegno che possano coprire le richieste degli alunni con disabilità presenti nelle scuole della nostra provincia.

Il sostegno

Diciamo subito che Afefa ha tre splendide bambine rispettivamente di 11, 8 e 7 anni, tutte con quello che freddamente viene definito «articolo 3 comma 3», ovvero una forma grave di disabilità. Studentesse che paiono vivere su mondi paralleli l’una dall’altra, visto che una ha l’insegnante di sostegno, l’altra ce l’ha ma solo a metà e solo da pochi giorni, e l’ultima non ce l’ha proprio nonostante una diagnosi di autismo – al pari delle sorelle – che imporrebbe allo Stato l’affiancamento di supporto per questi studenti bisognosi.

Una storia iniziata in Togo e che oggi si svolge a Capiago Intimiano

Ma partiamo, in questa nostra storia, da prima. Perché il racconto di Afefa è bello comunque. Nata in Togo 39 anni fa, conosce in Africa quello che oggi è suo marito (che è del Ghana) con cui si trasferisce in Italia due lustri addietro. Le bambine nascono tutte a Como.

L’integrazione nella comunità di Capiago Intimiano, dove vive la famiglia, è più che compiuta. Afefa ha ottenuto nel 2021, poco dopo il marito, anche la cittadinanza italiana. Ha giurato fedeltà alle leggi dello Stato italiano, insomma, e ha ricevuto in dono dal primo cittadino anche una Costituzione. Quello stesso libro e quelle stesse leggi che dovrebbero garantirle, per le sue tre figlie con problemi di spettro autistico, un insegnante di sostegno che invece non arriva. E non sono problemi da poco, si badi, quisquilie. Non solo per la famiglia di Afefa, ma anche per gli stessi insegnanti delle classi delle bambine, privati di quell’aiuto che invece sarebbe auspicabile.

«Mia figlia disabile non ha alcun insegnante di sostegno che possa seguirla in classe»

Da qui, ci permettiamo di interpretare credendo di non sbagliare, arriva quella parola, «rabbia», che non sembra appartenere ad Afefa ma che in questo caso è l’unica che può descriverne l’emozione. «Ho tre figlie – ci racconta – Alla più grande, che fa le medie, spetterebbero per legge 18 ore con il sostegno e ce le hanno assegnate regolarmente. La mediana, che fa le elementari, dovrebbe averne 22 ed invece ne hanno date poco più della metà. Alla più piccola, che pure ha una diagnosi e che è sempre alle elementari, non ne hanno data nemmeno una. E’ completamente scoperta e, a più di un mese dall’inizio della scuola, non ha alcun insegnante di sostegno che possa seguirla in classe».

I problemi si ripercuotono ovviamente sulla famiglia, soprattutto con la mezzana. «Facciamo fatica – prosegue Afefa – E’ complicato anche per noi capire in questo modo il programma che viene fatto, i compiti che dovrebbe eseguire, lei non è in grado di riferirci, si vede che ha delle difficoltà ma è difficile aiutarla». E la bimba si rende conto di questa situazione: «Un giorno mi ha anche detto: “Mamma non è colpa mia”».

Poi, va detto, ognuno si ingegna e cerca delle vie di uscita, delle “pezze” da applicare al vestito, in presenza di un sarto – lo Stato, o meglio il Ministero dell’Istruzione tramite gli Uffici Scolastici – che l’ha cucito lasciando però buchi enormi. E la storia di Afefa è solo una delle tante che potremmo raccontare, una uguale all’altra, storie di ore di sostegno spettanti per legge e non riconosciute.

Rabbia e impotenza

«Gli anni scolastici scorsi, al massimo dopo poco tempo, la situazione si sistemava. Ma quest’anno è davvero un disastro. Ogni giorno aspettiamo che accada qualcosa, anche per il bene della scuola e della classe, ma ad un mese dall’inizio delle lezioni siamo ancora scoperti per metà, con una bambina che addirittura non ha niente, nemmeno un’ora di sostegno». E dentro, come detto, c’è quel tarlo che scava in profondità causato dal vedere le figlie in difficoltà, che fanno fatica a tenere il passo dei compagni. Con la famiglia spesso impotente, a casa, a battersi contro muri di gomma.

Il dramma degli studenti fragili: nella scuola italiana non sono tutelati

«Sì, c’è rabbia – conclude Afefa – Non è frustrazione e nemmeno delusione, è proprio rabbia». Perché nella scuola italiana le fasce deboli sono spesso anche quelle più colpite, che ogni giorno devono alzarsi già sapendo di dover combattere per ottenere cose che dovrebbero essere previste automaticamente dalla legge. Eppure così non è. Anno dopo anno. Spesso, come in questo ottobre 2022, compiendo anche passi indietro rispetto a quelli già effettuati (sempre indietro) solo dodici mesi prima.

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