Prof in pensione: Gabriella e Marina, una vita per la scuola

La storia Colleghe al Sant’Elia di Cantù, entrambe in pensione: per anni più che un punto di riferimento, non solo per i ragazzi

Sono state colleghe, in questi ultimi anni, all’Istituto “Antonio Sant’Elia” di Cantù e ora sono andate entrambe in pensione: tante le esperienze e le riflessioni comuni, diverse le formazioni e le fasi affrontate. Gabriella Maio e Marina Arighi sono state - come si suol dire - due “colonne” della scuola e l’affetto che le ha circondate negli ultimi mesi di lavoro ne è la riprova. Ne è dimostrazione anche la commozione che a tratti emerge dai loro racconti e quella scintilla nei loro sguardi che resta ancora viva, nonostante si chiuda un lungo percorso che non è solo stato di lavoro, ma di vita.

Trentaquattro anni di servizio, a cui si aggiungono altre esperienze fatte subito dopo la laurea e negli anni di lavoro all’estero; un’intera vita dedicata all’insegnamento, quella di Gabriella Maio, docente di lingua inglese: «Mi sono laureata nel 1981 a Bologna e ho iniziato con le scuole private, prima del “salto” compiuto emigrando dall’Abruzzo a Milano: qui ho fatto un’esperienza bellissima insegnando agli studenti lavoratori e poi come docente di sostegno nell’hinterland milanese. In entrambi i casi non sono mancate le difficoltà, ma ho imparato molto a mia volta, e d’altra parte non si smette mai di farlo. Sono poi passata all’insegnamento della mia materia e dopo un primo periodo di supplenze sono entrata di ruolo alle scuole medie». Ad un certo punto il trasferimento negli Usa: «Ho seguito mio marito e abbiamo vissuto lì per due anni; è stata una bella esperienza, sia come studentessa che come insegnante di italiano».

Al rientro, un lungo periodo alle scuole medie: «Per circa 13 anni ho insegnato alla scuola Anzani di Cantù e anche lì si è creato un bellissimo gruppo di lavoro con il preside Gagliardi e le colleghe. Poi - purtroppo o per fortuna, dato il nuovo capitolo apertosi - sono stata perdente posto e passata di ruolo alle superiori. La prima esperienza è stata al Liceo Fermi, con un salto notevole, dovendo riprendere contenuti diversi e costruire un nuovo rapporto con ragazzi di età diversa. Sono arrivata all’Istituto Sant’Elia circa dieci anni fa. Con i ragazzi il rapporto è sempre stato molto genuino e diretto, con i colleghi c’è stata una grande collaborazione che ha portato a risultati come il percorso di teatro in lingua, la certificazione linguistica, il progetto Mit (Mit “Global Teaching Labs”, in collaborazione col Massachusetts Institute of Technology Mit di Boston per l’insegnamento di discipline scientifiche in lingua inglese ndr)». Tanti i cambiamenti: «Sono stati notevoli nel lavoro, nel mutamento della relazione con i ragazzi e le famiglie, per la frequenza del cambiamento all’interno del corpo docente e per le sempre diverse competenze richieste ai docenti: queste ultime sono una grande mole, in continua evoluzione - soprattutto dal punto di vista operativo, che però diventa sostanza - ogni anno. Mi mancherà stare coi ragazzi, perché anche nei momenti di difficoltà personale io ero in aula e mi “dimenticavo” del mio problema; loro sono sempre stati uno stimolo pazzesco e continuo».

Una sensazione simile è quella che prova anche Marina Arighi, altra docente “storica” del Sant’Elia, dove è arrivata nel 1996 nella sede di via Carcano: «Fin da piccola sapevo che da grande sarei stata un’insegnante; casa mia a Navedano - frazione di Senna Comasco - confinava con quella che allora era la sede della scuola e sono sempre stata affascinata da quel mondo. La prima occasione per insegnare si è presentata quando avevo 21 anni e le prime esperienze sono state nelle scuole medie a Senna e Navedano, poi a Cucciago, Intimiano e Vighizzolo; in quei primi anni alcune colleghe sono diventate una seconda famiglia, quasi come sorelle maggiori. Nel 1996 mi è stato poi offerto il posto al Sant’Elia; ho deciso di accettare anche grazie al suggerimento del papà di un compagno di scuola di mio figlio; insegnava lì - e l’ho poi ritrovato come collega - e durante una partita di calcio dei nostri figli mi disse: “Non lasciarti sfuggire l’occasione, ti troverai bene”. È stato davvero così, in questi anni ho visto nascere i nuovi indirizzi del professionale e del liceo e crescere il tecnico. Ho sempre avuto un buon rapporto con i vari dirigenti e con i colleghi; l’insegnamento della religione non è facile, ma ho sempre amato il mio lavoro e il rapporto con i ragazzi è sempre stato al centro. Nel tempo mi sono impegnata anche in diversi compiti come la Commissione per l’educazione alla salute, il tutoraggio, l’educazione all’affettività e altro, sempre per cercare di andare incontro alle nuove esigenze degli studenti. Le generazioni sono cambiate, ma il mio obiettivo è sempre stato essere in sintonia con i ragazzi; nel nostro lavoro è importante ricostruirsi, rivedersi, ristabilire le relazioni : insegnare è anche questo, guardare gli studenti, dare loro il meglio e stimolarli a fare altrettanto. Mi porto dietro tanta tenerezza mista a nostalgia e affetto e mi sento di augurare ai ragazzi di avere la stessa passione che ho avuto io per il mio lavoro».

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