Berna mette mano al portafoglio per gli investimenti sulla formazione

La politica L’obiettivo del governo è quello di aumentare la collaborazione università-imprese

Di sicuro la formazione ed in particolare l’alta formazione resta centrale nelle dinamiche svizzere che passano anche da una sempre più stretta collaborazione tra università e imprese.

E così non poteva certo passare inosservata nel mondo universitario la notizia del via libera da parte del Governo di Berna ad un aumento pari ai 2% dei fondi per la formazione, la ricerca e non da ultimo per l’innovazione nel periodo incluso tra il 2025-2028. Governo che ha perimetrato questa dotazione finanziaria spiegando che l’università resta uno dei “motori” della Confederazione, ricordando - esempio calzante - che il Politecnico di Zurigo si è piazzato all’ottavo posto tra i migliori atenei al mondo. Dato questo ufficializzato a metà dello scorso anno.

Le università svizzere non sono convinte degli investimenti

Il 2% in più di dotazione per la formazione, la ricerca e l’innovazione non ha però convinto sino in fondo le università svizzere. E questo perché, come affermato dalla presidente di “Swissuniversities” Luciana Vaccaro al quotidiano svizzero di lingua francese “Le Temps”, “i rincari attesi per i prossimi anni annulleranno probabilmente tale crescita”. «Le alte scuole, in particolare, rischiano di dover convivere con una stagnazione, se non addirittura una diminuzione dei loro mezzi reali durante questo periodo», ha poi aggiunto Luciana Vaccaro.

L’obiettivo delle università svizzere resta in primis quello di riuscire a incrementare il numero di studenti nei prossimi anni. Senza un’opportuna correzione in corsa, «il finanziamento proposto dal Consiglio federale metterà inevitabilmente in pericolo la qualità delle prestazioni sia nell’ambito dell’insegnamento che della ricerca».

29,7 miliardi per la formazione

Questa almeno la ferma convinzione di “Swissuniversities”. A livello generale, il Consiglio federale - dopo un’attenta valutazione dello stato dell’arte - ha previsto di mettere a bilancio alla voce “educazione, ricerca e innovazione,29,7 miliardi di franchi per il periodo 2025-2028”. La decisione ultima sarà presa entro fine settembre. Anche da qui il pressing del mondo universitario.

Un mondo che è sostanzialmente diverso da quello italiano. La Svizzera applica infatti il modello didattico duale della Germania, dell’Olanda, dell’Austria e dei Paesi scandinavi, con un forte accento sull’istruzione tecnico-professionale e sull’apprendistato già alle superiori.

La scelta è di conseguenza molto articolata anche a livello di istruzione terziaria pubblica: ci sono dieci università “classiche”, di taglio accademico; i due Politecnici federali di Zurigo e Losanna con il loro eccezionale ranking; nove Scuole universitarie professionali dal taglio più pratico e professionale (paragonabili ai nostri Its italiani, alle Fachhochschulen tedesche o alle Università di Scienze applicate olandesi) e quattordici Alte scuole di pedagogia.

Tutte queste istituzioni sono supervisionate dai singoli Cantoni, mentre i due Politecnici sono controllati dalla Confederazione svizzera.

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