Il franco Svizzero è forte: «Ma contano i prezzi stabili»

L’analisi Fabio Bossi, delegato regionale per la Svizzera italiana della Banca Nazionale. «Le aziende orientate all’esportazione sono più preoccupate per l’indebolimento della domanda estera»

Le tragiche vicende che stanno scuotendo il Medio Oriente, hanno avuto e avranno diverse conseguenze in ambito economico. In quello finanziario si guarda anche al forte apprezzamento del Franco svizzero, visto ancora come una valuta rifugio.

Ma che cosa comporta tutto questo appunto e che ripercussioni ci possono essere nei prossimi mesi? Ne parliamo con Fabio Bossi, delegato regionale per la Svizzera italiana della Banca nazionale svizzera. Che ci spiega com’era l’andamento della valuta, ma anche la politica della BNS e la sua attenzione, incentrata sulla stabilità dei prezzi.

Come è stato l’andamento del franco svizzero - e l’approccio della banca a questo riguardo– quest’anno, prima della guerra in Medio Oriente?

Dall’autunno 2021 la BNS aveva iniziato a tollerare un certo rafforzamento nominale del franco svizzero, al fine di contenere la pressione inflazionistica proveniente dall’estero. Tra giugno 2022 e giugno 2023 il tasso guida BNS è poi stato alzato da -0,75% a 1,75%, al fine di contrastare l’inflazione elevata e il rischio di una sua persistenza a seguito degli effetti di secondo impatto. Al contempo, al fine di assicurare condizioni monetarie adeguate, la Banca nazionale ha ribadito anche la sua disponibilità ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi. Da alcuni trimestri precisa inoltre che sono ormai le vendite di valuta estera ad avere preminenza.

La BNS non fa politica di cambio, né ha un obiettivo di tasso di cambio del franco. L’attenzione della BNS rimane esclusivamente incentrata sulla stabilità dei prezzi. Essa non esiterà, se necessario, a inasprire ulteriormente la sua politica monetaria per mantenere l’inflazione al di sotto del 2% in modo duraturo, ed è pure disposta ad agire all’occorrenza sul mercato dei cambi al fine di assicurare condizioni monetarie adeguate.

Con gli attacchi terroristici e il conflitto che ne è seguito si è appunto registrata una netta reazione e il Franco svizzero è tornato visibile in maniera più forte come valuta rifugio. Lei può illustrarci la vostra analisi di questo periodo? E anche in questo caso, quale valutazione sta facendo la Banca nazionale di fronte a questo andamento? Anche in prospettiva?

Nei periodi di elevata incertezza, come quelli attuali a seguito dell’attacco lanciato da Hamas ad Israele, il franco tende ad apprezzarsi in qualità di valuta rifugio. La BNS non fornisce tuttavia previsioni in ambito valutario, né commenta i suoi interventi sul mercato dei cambi.

Quali sono le ripercussioni sull’economia di questo andamento della valuta? C’è anche tutto l’aspetto degli stipendi di frontalieri che in passato, in occasione analoghe, ha fatto discutere.

Grazie al contatto che le delegate e i delegati regionali intrattengono regolarmente con le aziende attive sul territorio, otteniamo anche indicazioni sugli effetti generati dalla questione valutaria sulle attività economiche e l’andamento dei prezzi. Queste informazioni vengono poi integrate con altre analisi svolte dalle altre unità specialistiche della Banca nazionale. In occasione degli incontri avuti con le imprenditrici e gli imprenditori nel corso del terzo trimestre, è per esempio emerso che la situazione dei margini di guadagno era in peggioramento per talune imprese industriali esposte a un’accentuata concorrenza di prezzo a causa della debole congiuntura mondiale e del rafforzamento del franco. Al tempo stesso, nelle regioni di frontiera come il Ticino, il rafforzamento del franco svizzero accresce il potere d’acquisto dei salari pagati ai frontalieri. L’aumento dei prezzi al consumo nei paesi di provenienza di questi ultimi ha tuttavia contrastato questo beneficio.

Altro elemento su cui occorre puntare l’attenzione, è quello delle aziende, in particolare delle esportazioni con tutte le ripercussioni che ci possono essere dalle drammatiche vicende in corso. Che cosa vi aspettate a questo riguardo?

L’impressione che otteniamo dalle nostre discussioni con gli imprenditori è che le aziende orientate all’esportazione siano al momento più preoccupate per l’indebolimento della domanda estera. In questo contesto la concorrenza torna a farsi più agguerrita e così si accresce anche la pressione sui prezzi, riducendo quindi anche le possibilità di trasferimento ai clienti dei costi addizionali derivanti dal rafforzamento del franco svizzero. Puntualmente si notano quindi un crescendo d’iniziative d’investimento volte ad aumentare la produttività, così come misure di contenimento dei costi energetici e di altra natura. Quasi mai pianificano comunque di ridurre il personale in organico, poiché le difficoltà di reclutamento e la necessità di preservare un certo know-how in azienda scoraggiano dal fare questa scelta.

Come è stato l’approccio degli svizzeri sul fronte del risparmio in questo periodo, che è seguito già a quello della pandemia?

Come in altri paesi, anche in Svizzera il risparmio delle economie domestiche private si è accresciuto durante la pandemia e ciò ha poi contribuito a sostenere la domanda di consumo nella fase di ripresa post-pandemica. In Svizzera ci sono attualmente segnali che permettono di ritenere che il risparmio sia tuttora relativamente elevato e che ciò contribuisca a un robusto sviluppo dei consumi.

Può ricordarci come si era chiuso il 2022 per la BNS e quali sono a questo punto le prospettive del 2023?

Per l’esercizio 2022 la Banca nazionale ha presentato una perdita di 132,5 miliardi di franchi, dopo l’utile di 26,3 miliardi conseguito l’anno precedente. Nel primo semestre del 2023 la Banca nazionale svizzera ha registrato un utile di 13,7 miliardi di franchi e a fine ottobre sarà pubblicato il Rapporto intermedio della Banca nazionale svizzera al 30 settembre. Tuttavia, il risultato della Banca nazionale dipende prevalentemente dall’andamento dei mercati dell’oro, dei cambi e dei capitali. Pertanto non si possono escludere oscillazioni anche estreme ed è difficile trarre conclusioni per il risultato dell’intero esercizio.

Va comunque tenuto presente che l’obiettivo prioritario della BNS è la stabilità dei prezzi e non il risultato di bilancio. Quest’ultimo è infatti funzionale alla politica monetaria attuata per garantirla.

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