Il futuro in Svizzera si baserà anche sulle ferrovie: «Serviranno sia al Ticino e a Como»

Intervista Alex Farinelli, consigliere nazionale del Partito Liberal Radicale e il rilancio delle infrastrutture di confine: «Alptransit fondamentale, ma anche l’Italia deve fare la sua parte per un corridoio altamente competitivo»

Nel Paese in cui la puntualità è tutto (o quasi), è inevitabile che l’attenzione sul tema infrastrutture - ferroviarie e stradali - sia alta nell’arco dell’intero anno. Tema su cui esistono - per dirla con Alex Farinelli, consigliere nazionale del Partito Liberal Radicale - progetti “sul breve, sul medio e sul lungo periodo”, perché è chiaro che «il completamento di Alptransit a sud di Lugano o il corridoio in galleria merci sulla direttrice di Luino sono scenari che hanno un range di 20, 30 o 40 anni».

Cosa si può fare invece sul breve periodo?

Anzitutto si può potenziare l’offerta legata alla ferrovie. Già nel 2024 ci saranno più treni internazionali in transito oltre ad un potenziamento dei collegamenti regionali. Notizia questa che riguarda anche i frontalieri. Più collegamenti sui due lati del confine significano rendere più attrattivo il treno. Grande attenzione è dunque rivolta, dunque, alle infrastrutture ferroviarie.

Un esempio?

Si stanno predisponendo nuove fermate, che magari interessano meno il traffico transfrontaliero, ma che rappresentano notizie e strategie importanti dentro i collegamenti da e per il Cantone. A breve sarà realtà una fermata a Minusio, che prima non c’era. Nuove fermate sono previste anche nel Bellinzonese, che renderanno più capillare e attrattivo il traffico ferroviario.

Siete sempre stati un po’ critici, pur non esasperando i toni, nei confronti dell’Italia, soprattutto per la mancanza di un interlocutore sul lungo periodo, visti i numerosi cambi della guardia sulla poltrona del nostro ministero delle Infrastrutture. Quanto è importante avere un filo diretto continuo e pragmatico con il nostro Paese?

E’ fondamentale. La mobilità, soprattutto delle merci, è un fenomeno che non può riguardare il solo Ticino o la sola Svizzera. E’ chiaro che per noi dialogare in modo costante e costruttivo con l’Italia, Paese con cui abbiamo ottime relazioni, rappresenta molto, ricordando l’importanza che il vostro Paese ha per la Confederazione sul trasporto merci, con il porto di Genova. E’ essenziale riuscire a costruire insieme visioni sul lungo termine circa il trasporto ferroviario.

Si riferisce al completamento di Alptransit a sud di Lugano?

Quello ne è l’esempio più facilmente comprensibile. L’Italia deve condividere con noi una visione strategica sulle finalità di questo intervento e soprattutto deve condividere una tabella di marcia. Il concetto di fondo è che da parte svizzera diventa difficile portare avanti il completamento di Alptransit a sud di Lugano se non si percepisce che anche dall’altra parte c’è anzitutto un chiaro interesse per l’infrastruttura in questione e in seconda istanza la volontà di fare ciò che poi è necessario per rendere questa infrastruttura realizzabile anche oltreconfine.

C’è il rischio, in caso contrario, che Alptransit si fermi a Chiasso, con vista - e null’altro - sull’Italia.

Proprio così. A poco servirebbe questa opzione. Riassumendo. E’ essenziale che la Svizzera prosegua nel suo percorso e che l’Italia ne condivida la visione strategica. Un’Italia capace di condividere il “chi fa cosa”, cadenzando tempi e modalità degli interventi, darebbe forza anche al nostro Cantone nei rapporti con la Confederazione. Questa sarebbe una chiave di volta importante per accelerare la realizzazione di questa come di altre opere.

Una settimana fa a Seseglio (Chiasso) è stato presentato uno dei due progetti di interramento dell’ultimo tratto di autostrada A2, quello a firma del gruppo di lavoro che fa capo all’architetto Elio Ostinelli. Progetto che interessa da vicino il valico di Brogeda e almeno due quartieri del nostro capoluogo. Lo ritiene un progetto strategico per le dinamiche transfrontaliere?

Non lo ritengo un progetto strategico per la mobilità. Per contro, è un progetto strategico per la qualità della vita delle persone che abitano quei territori. Al momento siamo ancora nel campo delle idee che poi potranno essere approfondite. L’obiettivo di interrare l’ultimo tratto di autostrada A2 può andare nell’ottica di un beneficio generale per la razionalizzazione delle strutture oggi presenti - a cominciare dal valico di Chiasso-Brogeda -, ma soprattutto può migliorare in modo importante la qualità della vita delle persone. Discorso che vale anche per Como. Non vedo grossi impatti sulle dinamiche connesse al trasporto di merci e persone. Una linea ferroviaria più performante per contro questo impatto l’avrebbe. L’esempio l’avete vicino a voi.

Sarebbe?

Basta osservare quante persone prendono oggi l’aereo per raggiungere Roma da Milano. Il loro numero è calato nel corso degli anni. Lo dicono le statistiche. E questo perché l’alta velocità ferroviaria ha cambiato il modo di muoversi. L’aereo da molti è considerato oggi una seconda scelta. Circostanza questa impensabile solo tre decenni fa. L’impatto dell’alta velocità è sotto gli occhi di tutti. Immaginiamoci l’impatto che potrebbe avere un’infrastruttura ferroviaria in grado di correre in toto sotto le Alpi, con treni merci - altro esempio calzante - più lunghi in assenza di pendenze. Sarebbe una svolta epocale.

Quanto è importante per la Svizzera la costruzione del secondo “tubo” del tunnel autostradale del Gottardo?

E’ indispensabile. In Ticino mai avremmo potuto rinunciare a questo progetto. L’attuale tunnel del Gottardo - unico collegamento autostradale permanente durante l’intero arco dell’anno (unitamente a quello del San Bernardino, che però è in territorio dei Grigioni) - avrà bisogno di importanti lavori di manutenzione. Senza una seconda galleria, durante un periodo abbastanza lungo - parliamo di anni - il Ticino avrebbe dovuto fare i conti con un importante isolamento dal resto della Svizzera, soprattutto durante i mesi invernali. Il secondo “tubo” è essenziale per avere un collegamento permanente, sicuro e affidabile. Con i due tunnel pienamente operativi, eviteremo così di avere il traffico nelle due direzioni all’interno della stessa “canna”, aumentando così quel concetto di sicurezza su cui la Svizzera punta molto.

In fatto di traffico stradale, il Dipartimento cantonale del Territorio ha pubblicato i risultati di un’indagine condotta sulle abitudini dei nostri frontalieri. E’ stata ribadito che l’82% dei frontalieri entra in Ticino in auto senza alcun passeggero a bordo. Da qui l’equazione “un’auto, un frontaliere” che ha fatto storcere il naso a una parte della politica cantonale. E’ un problema reale?

Bisogna essere chiari e onesti su questo tema. Si tratta di un problema reale ed attuale per quanto concerne la mobilità in generale. Perché è vero che i frontalieri viaggiano uno per macchina, ma anche per molti ticinesi la realtà è questa. Mi sia concessa la battuta. Non è che gli italiani viaggiano uno per macchina ed i ticinesi in quattro per vettura. Posso capire che ci sia una sensibilità, anche politica, su questo tema, a fronte di un aumento rilevante del numero dei frontalieri occupati in Ticino. La maggior parte del traffico, senza distinzione di targhe, vede una persona per veicolo a bordo. A beneficio dei frontalieri servirebbe un rafforzamento del trasporto pubblico nonché parcheggi di interscambio o dare la possibilità di corsie dedicate ai valichi per chi condivide la stessa vettura. Soluzioni semplici, ma efficaci.

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