Lo stipendio dei ticinesi: 5.300 franchi al mese. Negli altri cantoni 6.500

L’analisi Un minuzioso lavoro dell’Usa certifica quanto si percepisce. Nell’area italiana lo stipendio è più basso e cresce più lentamente

I salari e le differenze tra regioni (e cittadini) pesano ancora all’interno della Confederazione. La rilevazione svizzera della struttura dei salari del 2022 aggiorna la situazione dei livelli retributivi in Svizzera, confrontando i salari tra il Ticino e il resto della Svizzera, in base alle complessità regionali e settoriali. Un lavoro minuzioso dell’Usta, a firma di Maurizio Bigotta. A livello metodologico, che si soppesano i risultati rispetto alla struttura economica cantonale. I risultati indicano così un aumento del divario salariale tra il Ticino e il resto della Confederazione, anzi con variazioni cospicue tra le fasce salariali. Né basta la struttura economica a spiegare tutto ciò.

Il caso frontalieri

Una precisazione: l’analisi dei soli residenti mostra un divario più contenuto, quindi la presenza di frontalieri contribuisce a mitigare le disparità salariali tra i residenti in Ticino e quelli del resto del Paese secondo quanto emerso nella dettagliata analisi.

Veniamo dunque ai dati e alla complessità di questo confronto che pure chiarisce la peculiarità del Cantone e del Paese. Nel rapporto dell’Ufficio di statistica l’analisi della struttura dei salari del 2022 conferma appunto quanto emerso nel 2020 e rivela appunto che il divario salariale è in crescita.

Si ribadisce anche un aspetto: «L’accesso all’ampio bacino d’occupazione italiano ha permesso alle aziende ticinesi, a differenza di quelle del resto del paese, di beneficiare di un’abbondanza di manodopera a basso costo, ciò che ha progressivamente delineato il tessuto economico e produttivo cantonale che determina, ancora oggi, la domanda di lavoro». Lo zoom riguarda il privato.

I dati

Ecco cosa appare. Nel 2022, la mediana cantonale era pari a 5.301 franchi, in aumento del 4,1% rispetto a dieci anni prima e del 15,7% rispetto a venti anni prima. Bene ma non troppo. Infatti, nel medesimo periodo il livello del resto del Paese è aumentato in maniera più significativa (+6,5% dal 2012 e +21,1% dal 2002) raggiungendo 6.570 franchi nel 2022. Evoluzioni differenti, che confermano l’ampliamento del divario lordo tra i due livelli geografici: ha raggiunto anzi il suo massimo, 23,9%.

Questo fenomeno è accentuato nella parte alta dei salari: vent’anni fa i divari per il settantacinquesimo e per il novantesimo percentile erano del 23,7% e del 24,7%, ora si sono alzati al 29,8% e al 30,9%. Invece, sul fronte dei salari più bassi - decimo percentile - la differenza si contrae: fino al 2020 era giunta al 25,6%, toccando un picco del 26,8% nel 2012; ora cala al 23,4%. Lo studio ipotizza come fattore che ha determinato quest’ultimo trend l’introduzione del salario minimo: ricordiamo che è scattato tra la rilevazione del 2020 e quella del 2022.

Questo panorama differenziato ha a che fare con diversi elementi, dall’evoluzione storica regionale che ha inciso sulla struttura economica a dinamiche geografiche e culturali: qui gioca anche il contesto transfrontaliero particolare del Ticino. In ogni caso si applica il cosiddetto Coarsened Exact Matching (Cem), per effettuare un paragone fondato. Così spiegato: i salariati del resto della Svizzera vengono riponderati per ottenere la stessa struttura di quelli attivi in Ticino.

A livello pratico, si esclude dunque chi non ha una controparte nell’altra regione. I salariati che non sono esclusi, perché comparabili tra i due livelli geografici, creano il cosiddetto supporto comune. Sono il 92,1% dei salariati iniziali nello studio e questo determina una quota ritenuta soddisfacente. «In termini di mediana il divario è di 1.245 franchi pari al 23,5% del salario cantonale» spiega lo studio.

Il divario

Secondo step: si confrontano solo salariati con queste caratteristiche e si porta il resto della Svizzera ad avere la stessa struttura del Ticino. Con questo taglio, la differenza si riduce un poco e cala al 20,5%.

Le differenze salariali nel resto della distribuzione sono anche influenzate dalla struttura economica e ciò accade soprattutto nella parte più alta: qui la differenza cala da circa il 30% al 24,4%, mentre nella parte bassa passa dal 24- 25% al 21-23%.

Un’ultima considerazione statistica: «Dal 2002, ad eccezione del 2014, quando la differenza non spiegata dai fattori strutturali era pari al 13,6%, si è assistito a un graduale aumento del divario fino al 2018 quando ha raggiungo il 22,7%. Negli ultimi quattro anni invece questa differenza è diminuita raggiungendo il livello attuale del 20,5%».

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