L’accordo fiscale è realtà: Italia e Svizzera a un bivio

Focus Forum di “Frontiera” sulla storica intesa che segna un nuovo punto di partenza nelle dinamiche occupazionali. Interesse in calo per le offerte di lavoro provenienti da oltreconfine, ma gli stipendi restano ancora più alti

C’è un quesito che tiene banco su entrambi i lati del confine ora che dal primo gennaio il nuovo accordo sulla fiscalità dei frontalieri è entrato nella fase di piena applicazione.

«È davvero cambiato il vento per la corsa ad un posto di lavoro in Ticino?», questo il quesito che - insieme ad un altro argomento forte, ovvero le opportunità che l’overtourism sul Lario offre al Ceresio (sponda Ticino) - abbiamo posto a sei interlocutori privilegiati di segmenti simbolo come l’hotellerie, la ristorazione, il commercio, aprendo nel contempo i microfoni a due organizzazioni sindacali attive al di qua ed al di là della frontiera. Lo abbiamo fatto nel corso del terzo forum promosso dall’inserto “Frontiera”, in questo caso pensato per capire se gli spifferi che filtrano da oltre ramina (così è chiamata in Ticino la rete di confine) circa una minor attrattività dell’effetto “calamita” che storicamente il Cantone di confine ha svolto per la nostra manodopera siano o meno concreti.

Cambiamento

Lo abbiamo chiesto a Massimo Suter (presidente di GastroTicino e nel board di Svizzera Turismo), a Davide Rampoldi (presidente della Società Commercianti del Mendrisiotto) e su questo lato della frontiera ad Alberto Cetti (presidente dell’Associazione Turistica Tremezzina) e Paolo Peroni (albergatore, ristoratore nonché consigliere dell’Associazione Albergatori di Confcommercio). Ad inquadrare sotto il profilo istituzionale e sindacale questi cambiamenti comunque rilevanti in atto, ricordando anche l’attualissima polemica sull’introduzione della “tassa sulla salute”, ci hanno pensato Andrea Puglia (responsabile Frontalieri del sindacato ticinese Ocst) e Matteo Mandressi (che da anni segue per la Cgil di Como le vicende dei frontalieri).

Detto che tutti hanno concordato sul fatto che gli effetti dell’accordo fiscale dovranno essere misurati su un periodo più ampio, considerato che la vera applicazione si è avuta dal 1° gennaio, la prima riflessione riguarda il fatto che il Ticino resta ancora conveniente per un frontaliere. Casomai il punto è un altro e cioè quanto il Ticino potrà essere ancora conveniente per i nostri lavoratori, a cominciare da quelli con in tasca una qualifica o comunque con anni di esperienza quale biglietto da visita. Un tema che sicuramente non riguarda solo il versante italiano del confine. Basti pensare che un portale sempre attento alle dinamiche di confine come TvSvizzera.it è arrivato a parlare di “offensiva contro i frontalieri”, elencando dalla “tassa della salute” (l’ultimo provvedimento varato in ordine di tempo) in giù tutte le iniziative pensate dal nostro Governo per rendere la Svizzera meno attrattiva.

È chiaro che gli echi dei nostri imprenditori, ristoratori, albergatori e, non da ultimo, artigiani che in questi anni hanno lamentato la lotta impari combattuta con il “gigante” rossocrociato sul tema sensibile della manodopera hanno raggiunto la politica nazionale, che ha così definito una propria strategia che ora se da un lato preoccupa le tasche dei frontalieri (vecchi o nuovi che siano) dall’altro agita anche le industrie ticinesi - per citare un caso simbolo - che ora una carenza sempre più marcata non solo di personale specializzato, ma anche di posizioni meno qualificate.

Questo inizio d’anno sta sicuramente segnando una svolta epocale nei rapporti di confine. Già solo il fatto di aver pensionato un’intesa granitica come quella del ’74 la dice lunga sulla portata della nuova intesa, cui sicuramente anche l’imprenditoria ticinese dovrà dare un proprio seguito, se vorrà continuare a tenere attivo quell’effetto “calamita” che da anni ormai sta consentendo al vicino Cantone di scegliere, dietro stipendi inarrivabili (per l’Italia), manodopera e personale in base alle necessità.

L’altro dato emerso durante il forum di “Frontiera” è che il posto di lavoro in Ticino e in Svizzera non sarà più solo una questione di stipendi, ma anche di welfare. Cioè servirà una cornice che si compone di tanti dettagli - oltre allo stipendio - per rendere (ancora) accattivante il posto di lavoro oltre frontiera. Questi primi mesi di nuovo accordo fiscale hanno certificato una maggiore ritrosia a varcare il confine soprattutto da parte del personale qualificato. Eppure queste nuove dinamiche lasciano inalterati i problemi di sempre per un segmento traino come quello dell’hotellerie e della ristorazione. Problemi legati al reclutamento del personale.

È pur vero che un tempo il lavoro all’estero veniva visto, soprattutto per i giovani, come una “palestra” per il futuro professionale. Ora è lo stipendio la linea guida di ogni decisione assunta. Già con i dati dei permessi “G” attivi nel primo trimestre di questo nuovo anno si potrà cambiare quanto e dove (inteso come settori di riferimento) il nuovo accordo fiscale ha inciso sulle dinamiche di confine.

L’altro grande tema trattato riguarda l’overtourism comasco, registrato sin dal lungo week end di Pasqua, che oggi fa gola eccome al turismo ticinese, alle prese con un calo marcato di pernottamenti (-5,6%) registrato nel confronto tra la stagione turistica 2023 e quella del 2022, la prima con le frontiere nuovamente aperte dopo il biennio segnato dalla pandemia. In questo contesto, l’obiettivo è ragionare su quella destinazione intermedia che potrebbe fruttare nuove presenze e interessi per il turismo ticinese, grazie al tutto esaurito che per il lago di Como è ormai una realtà consolidata. Chi sceglie il nostro lago lo fa con cognizione di causa, anche se soprattutto la proposta “a cinque stelle” potrebbe creare punti di contatto tra la proposta di talune realtà territoriali del Lario e quella di Lugano, tra le poche realtà a non soffrire il calo dei pernottamenti. E’ chiaro che anni di lavoro hanno ora consentito di far fruttare al meglio il brand “lago di Como”. Dunque dovrebbe essere il Ticino a fare la prima mossa, cercando di creare sinergie con il lago di Como magari attraverso i canali della Regio Insubrica. Al momento siamo ancora nel campo dei buoni propositi e nulla più.

La tassa della salute

In mezzo a queste dinamiche non si può dimenticare l’effetto del franco forte, che sta rendendo particolarmente ampia la strada che porta su questo lato della frontiera, sulla spinta della spesa e dello shopping decisamente più convenienti. Ciò non toglie che le realtà di frontiera hanno comunque tutte le carte in regola per ragionare su proposte comuni.

Il tempo dirà poi se queste proposte saranno o meno percorribili. Nel frattempo, bisogna fare i conti con un momento istituzionalmente “confuso”, con la “tassa della salute” ad agitare i sonni dei “vecchi” frontalieri e il peso del “doppio binario” (il riferimento è alla doppia tassazione) quello dei “nuovi” frontalieri. In mezzo ci mettiamo anche un accordo sul telelavoro dei nostri lavoratori (al 25%, pari a un giorno la settimana) che alla fine ha rappresentato - secondo molti addetti ai lavori - un compromesso al ribasso. Quanto basta insomma per tenere i riflettori ben accesi sulla frontiera.

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