Le minacce dentro l’aula: «Ti buchiamo le gomme». La testimonianza di un docente

La storia L’insegnante di una scuola superiore ticinese e la sua esperienza dietro la cattedra

«Mi mandavano a quel paese, mi minacciavano dicendomi che avrebbero potuto bucarmi le gomme dell’auto perché avevo difeso un ragazzo bullizzato, di sicuro la mia dignità di docente veniva messa in discussione».

A parlare è un’insegnante che lavora in una scuola superiore ticinese; gli episodi di violenza verbale che ricorda sono molti e si riferiscono a una sua esperienza di docenza precedente a quella che sta svolgendo ora.

«Certo, episodi di violenza verbale erano e sono all’ordine del giorno mentre nella scuola in cui sono adesso i ragazzi sono più educati e sereni. Dove ero prima, invece, gli alunni erano più aggressivi, a volte frustrati perché oltre alla scuola svolgevano lavori duri dove venivano lesi nella loro autostima e poi riversavano la loro frustrazione su di me che, giovane e donna, ero un bersaglio più facile dei colleghi uomini. Anche questa differenza di atteggiamento mi feriva in modo particolare».

La docente racconta di aver dovuto gestire anche classi in cui un eccesso d’ira di uno studente è sfociato «nel lancio del cellulare contro il muro e nel rovesciamento di un tavolo» episodi che «mi mettevano molto in difficoltà, ma che con il tempo ho imparato a neutralizzare mettendomi un piano sopra i ragazzi e stoppando subito questi atteggiamenti, ma farlo non è facile». La morale? «Se non si è psicologicamente forti si subisce molto il fatto che i ragazzi mettono in discussione la dignità del docente. La violenza verbale spesso è stata anche di gruppo, quando, ad esempio, stavo spiegando e mi facevano il verso. Ho imparato a fermare questi comportamenti che mi innervosivano; ora dico subito agli alunni che non si devono permettere di farlo e cerco di farmi scivolare di dosso questi atteggiamenti».

Le parole per ferire la docente venivano pescate dai ragazzi anche «tra le battute sessuali molto spinte ed esplicite e tra le volgarità dette con l’intento di mettere a disagio l’insegnante donna».

L’amarezza della docente poi si acuiva davanti alle mancate prese di posizione delle autorità scolastiche. «La direzione scolastica minimizzava questi fatti e quasi derideva. Io mi sentivo doppiamente mobbizzata perché direzione e colleghi mi dicevano che esageravo e che non dovevo prendermela. Per fortuna ora nella nuova scuola questo non avviene più».

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