Premio agli impianti “etici” della “Gianni Benvenuto”

Intervista A Gianfranco Gianni il “Rehva Professional Award in Technology”: «Redatto un codice per progettisti, installatori e produttori»

Gianfranco Gianni, direttore tecnico e presidente del Consiglio di Amministrazione della storica azienda Gianni Benvenuto di Cernobbio, ha ricevuto il Rehva Professional Award in Technology in occasione dell’assemblea annuale della Federazione europea delle associazioni di riscaldamento, ventilazione e aria condizionata.

Il premio di livello europeo riconosce le competenze tecniche ma anche l’approccio etico verso il lavoro, come si esprime questo aspetto nel vostro settore?

Rigore scientifico, attenzione all’innovazione sostenibile e impegno nella formazione delle nuove generazioni rappresentano i principi fondamentali ai quali si tende. A livello associativo abbiamo redatto un codice etico per regolare i rapporti tra le parti. Nel nostro settore interagiscono tre figure principali: il progettista, l’installatore di impianti e il produttore di apparecchiature. Avere un comportamento etico in questa filiera significa mantenere rapporti corretti e trasparenti. Questo implica, per esempio, che il progettista non richieda apparecchiature monomarca, che limiterebbero una sana concorrenza. Il produttore, dal canto suo, non dovrebbe creare situazioni di monopolio. E noi installatori non dobbiamo mettere in discussione il progetto in modo improprio per trarne vantaggio, introducendo varianti economiche non giustificate. Questo, in sintesi, è il comportamento etico a cui ci atteniamo.

Poi c’è il rapporto con il personale che deve tenere conto di tutti gli aspetti già previsti, che vanno dalla corretta retribuzione alla sicurezza.

Nei grandi cantieri dove operiamo in genere i controlli sono molto accurati.

La Gianni Benvenuto è un’azienda all’avanguardia nello sviluppo di soluzioni tecniche innovative, qual è il livello dei competitor con cui vi confrontate?

Dobbiamo considerare due punti di vista: il rapporto con gli altri paesi europei e la situazione in Italia. Per quanto riguarda l’Europa, esistono aziende simili alla nostra che sono in grado di sviluppare le stesse potenzialità. In alcuni Paesi ci sono ditte molto più grandi, perché il mercato è meno frammentato rispetto all’Italia. Nel nostro Paese la nostra realtà è tra le principali aziende del settore. Tra chi si occupa di impianti siamo ottavi per fatturato a livello nazionale e la maggior parte delle aziende che ci precede sono multinazionali.

In Francia, ad esempio, aziende come la nostra si occupano anche di fornitura di energia, per cui c’è un panorama molto differente e non confrontabile. Anche la Germania ha maggiori concentrazioni di grandi aziende e molte piccole imprese che fanno lavori minori.

Il contesto aziendale italiano è molto frammentato, questo pregiudica la possibilità di sviluppo?

Le nostre aziende sono nate e sono cresciute in un contesto di mercato molto più piccolo, artigianale, ma si sono sviluppate ugualmente. Nel nostro caso il mercato di riferimento è cresciuto insieme a noi e alla nostra capacità di cogliere le occasioni che via via si sono presentate. L’impiantistica è diventata sempre più interdisciplinare e questo ha richiesto competenze sempre maggiori.

Un impianto di oggi, che quarant’anni fa consisteva in tubazioni e cavi elettrici, richiede ora competenze idrauliche, elettriche, elettroniche, di rete dati, antisismiche e deve rispettare tutti i protocolli più recenti come quelli ambientali, di qualità e di sicurezza sul lavoro. Abbiamo strutturato l’ufficio tecnico proprio seguendo questi protocolli man mano che nascevano. Ci siamo evoluti insieme al mercato e questa è la difficoltà che possono avere le nuove realtà che partono oggi da zero: devono affrontare un salto molto più grande di quello che abbiamo fatto noi all’esordio, mentre la nostra azienda ha potuto ampliarsi e raggiungere i diversi livelli di sviluppo in modo graduale.

Una crescita che ha comportato l’acquisizione di nuove competenze: avete personale dedicato al vostro interno per rispondere tutte le necessità dei diversi progetti e cantieri?

Sì, abbiamo tutte le qualifiche necessarie al nostro interno. Chiaramente, siccome l’andamento dei lavori ha dei picchi di intensità, ci avvaliamo anche di studi esterni fidelizzati che utilizzano i nostri stessi protocolli di lavoro. Come maestranze interne abbiamo ottanta persone, ma lavoriamo con circa quattrocentocinquanta persone in alcune fasi. Tutte le nostre maestranze interne sono a livello direttivo: dal capo cantiere al project manager, all’ufficio tecnico, al reparto di manutenzione. Abbiamo internalizzato tutto il personale che ha un ruolo di controllo e direttivo. All’esterno conferiamo in genere incarichi relativi alla manodopera qualificata.

È difficile trovare figure intermedie con qualifiche tecniche?

La ricerca e selezione di manodopera è un problema consistente. Facciamo molta fatica a trovare personale di ogni genere, a tutti i livelli perché viviamo in una zona dove non c’è disoccupazione. Inoltre, chi abita a Milano, dove ci sarebbe più possibilità di reperire personale, difficilmente si sposta per lavorare a Como. L’unico vantaggio che abbiamo, da un punto di vista logistico, è che avendo cantieri dislocati in tutta Italia, per alcune figure non è necessario venire tutti i giorni in sede, ma possono andare direttamente in cantiere a Milano, Roma, Catania o Venezia. Comunque, la ricerca di manodopera è difficile, le persone qualificate a livello tecnico ad alta specializzazione sono poche. La formazione dei giovani è molto lunga. Per avere una competenza interdisciplinare oggi ci vogliono almeno quattro o cinque anni solo per diventare autonomi. La complessità è aumentata molto. Quando ho iniziato a lavorare, trentanove anni fa, si disegnava sul tecnigrafo. Poi si è passati al computer per i disegni bidimensionali. Oggi i disegni dei nostri impianti si fanno attraverso una modellazione tridimensionale. Questo richiede competenze ben diverse e la preparazione del disegnatore è di altissimo livello.

A quale progetto particolarmente interessante state lavorando in questo momento?

Siamo impegnati in un nuovo edificio per la Ferrari a Maranello, un capannone per la verniciatura. È molto interessante sia dal punto di vista tecnico, perché richiede una competenza impiantistica di tipo industriale, sia per il luogo: trovarsi a Maranello, dove la macchina più comune che si vede è una Ferrari, è davvero un’esperienza particolare. Abbiamo iniziato questo lavoro tre mesi fa e siamo nel pieno dello sviluppo. Ma abbiamo anche altri progetti in atto di grande interesse: stiamo portando avanti un complesso di tre torri da venti piani a Roma Eur e un altro cantiere nel complesso storico in piazza Verdi, sempre a Roma. Inoltre stiamo realizzando l’Arena di Milano Santa Giulia, dove si svolgeranno le Olimpiadi di Milano Cortina che nel febbraio 2026 e un’arena a Venezia nel Bosco dello Sport.

Cernobbio, dov’è la vostra sede, è dislocata rispetto al baricentro dei cantieri più importanti: questo può essere un ostacolo?

A volte, però noi restiamo qui. C’è un legame storico irrinunciabile tra la nostra azienda e Cernobbio. Potremmo anche aprire delle filiali o sedi secondarie altrove, ma la nostra sede è Cernobbio.

La sicurezza sul lavoro è uno dei temi centrali: come affrontate la questione all’interno del cantiere?

Capita spesso di affrontare il tema, in genere quando si devono applicare nuove normative. Per noi è fondamentale seguire con cura ogni aspetto della sicurezza. Ogni giorno sono presente in uno, due o tre cantieri, quindi vedo le questioni dall’interno e non risconto mai superficialità ma grande attenzione da parte di tutti. Credo che ci sia bisogno di affrontare questi temi vedendoli da ottiche diverse, per poter proporre soluzioni sempre più efficaci e puntuali.

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