Branchi di cervi selvatici stanno distruggendo campi e coltivazioni, causando enormi danni agli allevatori

Porlezza Imprenditori agricoli ormai rassegnati per una situazione diventata molto pesante. Luigi Casarini: «A fine anno sarò costretto a chiudere, la mia attività è stata messa in ginocchio»

La rabbia è diventa rassegnazione. Nel Porlezzese il proliferare dei cervi ha generato dapprima un forte sentimento di protesta, che negli ultimi tempi si è trasformato in delusione e rinuncia.

L’emblema della situazione sta nelle dichiarazioni di Luigi Casarini, uno degli allevatori più noti con azienda e terreni su ben tre Comuni. Dopo oltre vent’anni di attività in loco, esercitata sempre con innata passione, a fine anno chiuderà bottega.

«Una decisione sofferta»

«Mi hanno costretto a fare una scelta che mai avrei voluto fare. Da una decina d’anni a questa parte gli animali selvatici, e mi riferisco per lo più ai cervi, ci hanno messo in ginocchio e a nulla sono valse le nostre segnalazioni e invocazioni. Credo che ormai la popolazione di cervi abbia raggiunto i 500 esemplari, un numero impressionante e insostenibile, che a mio avviso non concede più margini di rientro. Non nascondo che mi sento preso in giro e passo la mano – aggiunge Casarini – . Un ragazzo che ha vinto il premio giovani agricoltori, grazie al contributo ottenuto mi subentrerà per una parte di azienda: gli auguro tutto il bene possibile, ma sarà dura anche per lui». Se anche i pochi altri allevatori della zona faranno la sua stessa scelta, per il territorio sarà un duro colpo.

Le altre motivazioni

Con molta sincerità Casarini attribuisce la sua decisione anche a altri fattori: «Il costo della materie prime e dell’energia rappresentano l’ennesima mazzata – dice – ma quando ti trovi a dover acquistare il fieno a prezzi esorbitanti perché i cervi ti portano via il tuo, capisci di essere al capolinea, soprattutto se a livello politico senti dire tante belle parole a cui non corrisponde un solo fatto».

Ma anche tra i cittadini serpeggia il malcontento: «Abito alle pendici del Galbiga, in mezzo alla natura – racconta Margherita Carciofi – e tutte le notti i cervi entrano nella mia proprietà e distruggono piante, fiori e prato. Abbiamo affidato i terreni intorno a un titolare di maneggio, che ogni giorno si trova con le recinzioni demolite da rifare. E’ una situazione che diventa insostenibile e imbarazzante. Non è giusto che dopo nessuno abbia fatto ancora nulla per tutelare soprattutto gli agricoltori». Nemmeno le recinzioni elettrificate riescono a contrastare le orde di cervi.

Ne sa qualcosa Vittorino De Marchi, pensionato che alle pendici del Galbiga tiene degli animali per passione: «I branchi di cervi sono talmente corposi che un animale spinge l’altro e le recinzioni vengono abbattute. Io ho 75 anni e mi occupo di terreni e bestie per pura passione, ma se penso a chi ne fa la propria attività, comprendo del tutto la rabbia e la delusione». E poi cui sono i rischi sulle strade. Di recente addirittura un’ambulanza è andata a sbattere contro un cervo non potendo più proseguire la sua corsa in soccorso di un paziente; poi anche un pullman di linea è incappato nella stessa sorte. Gli incidenti provocati da selvaggina, insomma, sono sempre più all’ordine del giorno ed è un ulteriore segnale d’allarme nel Porlezzese.

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