Fois, via sei accuse di peculato su sette. La Croce Rossa: «C’è tanta amarezza»

Processo Il legale dell’associazione: «Così non si permette di verificare le responsabilità dell’imputato»

Como

Sei accuse di peculato su sette contestate all’ex numero uno della Croce Rossa di Como, Matteo Fois, sono state cancellate. Senza che il processo neppure fosse aperto. Il Tribunale di Como ha accolto la richiesta della Procura che, nelle scorse settimane, ha sollecitato la dichiarazione di non luogo a procedere per la mancanza di una querela da parte della Croce Rossa di Como nei confronti dell’ex presidente. Questione tecnica, e non necessariamente agevole da spiegare, a parte l’esito di questa decisione è che su un peculato (ovvero l’accusa di appropriazione indebita ai danni di un ente pubblico) da oltre centomila euro inizialmente contestato a Fois, ora il Tribunale sarà chiamato a pronunciarsi solo su una minima parte delle contestazioni, per una cifra complessiva di 36mila euro.

Cosa accade ora

Tradotto, quando ad aprile (il dibattimento vero e proprio si aprirà soltanto la prossima primavera) il caso tornerà in aula ci si troverà a giudicare solo una minima parte di un’inchiesta ben più ampia.

Fois è infatti chiamato a rispondere “solo” di un peculato da 36mila euro, ovvero la differenza tra i soldi riconosciuti a titolo di rimborso spese da Areu in qualità di presidente del Comitato di Como (4.166 euro per 5 anni), e quelli richiesti e incassati (41.566 euro). Restano le accuse di riciclaggio in merito ai due mezzi donati dai Vigili del fuoco a Croce Rossa, presi da Fois e da quest’ultimo rivenduti alla società di costruzioni incaricata dei lavori alla sede di San Fedele Intelvi.

La reazione di Croce Rossa

«La sentenza di non doversi procedere per difetto di querela non coglie di sorpresa - è il commento dell’avvocato Edoardo Pacia, legale della Croce Rossa - essendo quasi un atto dovuto da parte del Tribunale, una volta effettuata la derubricazione del reato ad opera della Procura da peculato in appropriazione indebita. È questa derubricazione che non ci vede per niente d’accordo. Spiace perché diventa una sentenza puramente tecnica che non permette di sottoporre a verifica le responsabilità o meno dell’imputato su fatti che, per come erano stati oggetto di rinvio a giudizio, risultavano indubbiamente di notevole gravità giuridica, ma anche umana, visto che il soggetto danneggiato è la Croce Rossa direttamente e indirettamente tutti coloro che possono usufruire di minori servizi a seguito di essi».

Il legale di Croce Rossa parla di «amarezza umana». L’ex commissario e presidente del Comitato di via Italia Libera era inizialmente finito a processo anche con l’accusa di essersi riconosciuto oltre 25mila euro in due anni di rimborsi per viaggi effettuati con la propria auto e per spese varie, senza presentare pezze giustificative, di aver pagato più del prezzo dovuto due mezzi per la Croce Rossa e, con la differenza, di aver approfittato di un maxi sconto sull’acquisto di una Renault Clio e un’Audi A1 per sé e famiglia, di essersi appropriato di buoni pasto dell’associazione per 12mila euro e di aver utilizzato indebitamente la carte di credito della Cri per 12mila euro.

«Questa sentenza - prosegue il legale di parte civile - non impedirebbe di agire in sede civile anche per queste voci di danno». Per cui difficile ci sia un ricorso contro la sentenza: «Croce Rossa ha già subito un grande depauperamento da questi fatti e intende orientare le sue energie verso le sue benemerite funzioni pubblicistiche anziché impegnarle nella proliferazione di cause» per cui «è verosimile che si concentreranno le energie sui capi di imputazione ancora residuati che sono sempre di non poca importanza».

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