«Il mio lago da sogno non diventi Miami»

L’intervista Mikhail Kusnirovich proprietario del centro commerciale Gum, sulla piazza Rossa di Mosca: «Da una mansarda di Tremezzo a questa villa di Lenno, acquistata e ristrutturata nel 2005. Non rovinate l’incanto»

Ci accoglie con un sorriso rassicurante Mikhail Kusnirovich, 57 anni, imprenditore moscovita («Sono residente a Tremezzina», precisa con toni pacati) a capo di diversi centri commerciali tra cui il celebre “Gum” sulla Piazza Rossa di Mosca nonché proprietario del Gruppo “Bosco dei Ciliegi”, leader nel retail del lusso (abbigliamento, gioielleria, orologeria e arredamento).

L’intervista esclusiva che concede a “La Provincia” - grazie anche ai buoni uffizi dell’avvocato Catia Pichierri - prende le mosse dall’ordinanza del Comune di Tremezzina che di fatto ha depotenziato in maniera rilevante la “fabbrica” degli eventi a Villa Balbiano, dimora confinante che la bella villa ristrutturata di tutto punto e con chiare connotazioni tremezzine - lo si nota dagli ulivi piantumati con gusto nel giardino - che Mikhail Kusnirovich ha eletto a sua residenza, dove ama soggiornare e ritornare appena gli impegni lavorativi in giro per il mondo lo consentono.

Salone vista lago

È il property manager della dimora Gabriele Bernabini ad accompagnarci nell’ampio salone vista lago, da dove si ammira anche uno spicchio importante di isola Comacina e da cui Mikhail Kusnirovich - suo l’esposto che ha portato poi al drastico provvedimento a firma del Comune - spazia a 360 gradi sui temi sensibili come gli eventi, il brand lago di Como, il futuro del turismo e non da ultimo la rapida trasformazione che ha interessato la Tremezzina e in generale il lago, sulla spinta dei numeri turistici extra large di questo post pandemia.

Un amore quello tra questo facoltoso imprenditore russo - i Grandi Magazzini “Gum” sono uno dei simboli di Mosca nel mondo - e il nostro lago sbocciato nel 1994.

Gli articoli de La Provincia

«La prima volta abbiamo preso in affitto una mansarda a Tremezzo. Nostro figlio aveva otto mesi - ci racconta, di tanto in tanto scorrendo la rassegna stampa con gli articoli de “La Provincia” sul braccio di ferro legato a Villa Balbiano, ma anche sull’andamento turistico del territorio - Da lì è scoccato l’amore per il lago di Como. Aggiungo per entrare nel “cuore” dell’argomento che da subito io e la mia famiglia ci siamo detti che la nostra seconda casa nel mondo sarebbe stata qui, in Tremezzina. Siamo tornati in zona nel 2005, accorciando una vacanza in Spagna. Lì ci siamo detti che sarebbe stato bello abitare in Tremezzina. Abbiamo poi concluso velocemente l’acquisto di questa villa, ristrutturandola. Il nostro secondo figlio ha mosso i suoi primi passi qui. Il lago di Como è una “destination” favolosa, che riassume in sé tranquillità, comodità, clima favorevole e lago e cielo dai colori unici».

Chiaro che - per entrare nel vivo della vicenda - questo successo internazionale ha portato le dimore di pregio come Villa Balbiano a trasformare la propria “mission” mettendo tanta bellezza al servizio degli eventi.

«Le dimore da sogno, come lo può essere Villa Balbiano, se ogni due giorni ospitano un evento entrano inevitabilmente in una spirale di decadenza - fa notare l’imprenditore ormai tremezzino d’adozione oltre che di residenza - Due feste a stagione rappresentano un qualcosa di esclusivo. Due feste al giorno trasformano la “Ferrari” in un’utilitaria. Un così elevato numero di eventi trasforma questa dimora in un’industria perdendo anche quel fascino di “favola del lago” che la Villa meriterebbe. Storicamente il lago ha rappresentato una meta di pace e tranquillità. Quanto sta accadendo soprattutto negli ultimi anni ha snaturato quelle che erano le connotazioni principali e per certi versi esclusive del lago. Concetto valido anche per Venezia, ben inteso. Una crociera da 6 mila persone è una cosa, una crociera in Antartide nel pieno rispetto dell’ambiente è un’altra».

Poi la considerazione finale: «Il lago di Como deve rimanere una location da sogno, lasciando a chi la visita il desiderio di tornare. Se si trasforma in una Miami Beach, le regole d’ingaggio cambiano».

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