Il presidente del Fai: «Cari comaschi
non vendete l’anima ai soldi dei turisti»

Intervista de “La Provincia” al numero uno del Fondo per l’ambiente italiano

«Prima i cittadini, poi i turisti». Il presidente del Fai - Fondo per l’Ambiente Italiano - Marco Magnifico ha deciso di mettere un nuovo punto fermo nelle convulse dinamiche turistiche del nostro lago, allargando gli orizzonti dal nuovo e dibattuto resort in fase di progettazione a Torno - rivisto e ridotto nelle altezze e nelle volumetrie globali rispetto alla prima proposta - al tema sensibile dell’overtourism, che fa il paio con l’esplosione delle “Case vacanza”, vero fenomeno del post pandemia (e non solo). Lo fa con “La Provincia”, a distanza di poco più di un anno dall’ultimo intervento su queste colonne.

Presidente, negli ultimi giorni ha espresso “forti dubbi sul modello di sviluppo che si è lentamente e quasi in silenzio impadronito del vostro territorio”. C’entra ovviamente il nuovo resort di Torno?

Il nuovo resort di Torno e così tutti quelli che nascono singolarmente non rappresentano dei drammi. Il dramma è rappresentato dalla quantità di iniziative di questo genere. Sono anni che ne sorgono uno dopo l’altro. E non c’è la sensazione che sia finita. Un dettaglio non conta, una somma di dettagli fa la differenza nel bene e nel male. Qui la differenza è data dal fatto che lentamente e senza accorgersene il lago di Como sta cambiando pelle. A Torno di mezzo ci va quel bellissimo pezzo di Torno che va sino alla Pliniana, un autentico capolavoro anche lei diventata un albergo a cinque stelle. Una perla che vive del verde che ha attorno.

Lei ha parlato anche di “aura del lago di Como che rischia di morire”. Cioè è a rischio l’unicità del lago?

Il lago di Como ha ancora un profumo un po’ ottocentesco. Un luogo che evoca per il pubblico straniero un paesaggio che è rimasto intatto rispetto al suo momento d’oro, collocato temporalmente tra il ’700 e l’800 sino ai primi del ’900. Di questo passo, di quel glorioso passato non rimarrà più nulla. Se cancelliamo quel tipo di passato, l’attrattiva rischia seriamente di esaurirsi. Quando poi è tutto - o quasi - compromesso, la gente cambia meta. Sono i piccoli paesi, i centri storici, i bar, i vecchi ristoranti, i vicoli, gli imbarcaderi, il battello, il rumore dello sciacquio del lago ad attirare i turisti. Se queste prerogative vengono meno perché - ad esempio - il turista cafone vuole i bar con la musica, che va a coprire il rumore delle onde, quel modello di sviluppo basato sul passato non c’è più. Non ci si può adattare troppo alle esigenze.

Quindi non dev’essere la gente del lago ad adattarsi alle esigenze di chi viene a visitare il Lario?

Proprio così. Perché sennò tutto il mondo diventa uguale, come in parte sta avvenendo. Bisogna che siano i turisti a trovare la storia e le tradizioni del lago di Como. Non dobbiamo essere noi ad adattarci alle esigenze di chi viene a visitarci. Ciò detto, il lago di Como - ben inteso - non è soltanto dei cittadini che lo abitano, ma è anche del mondo e soprattutto di noi italiani. Occorre che i cittadini insieme agli amministratori - non a caso i sindaci sono chiamati anche primi cittadini - abbiano una convergenza di attenzione e programmazione che possa consentire al lago di Como di continuare ad essere il lago di Como. Altrimenti finisce come Capri. Non me ne voglia nessuno. Ma girare per Capri equivale ad andare in giro all’interno di un grande aeroporto internazionale. Un negozio dopo l’altro o meglio un grande marchio dopo l’altro. Il rischio sul lago di Como è di avere un effetto Capri sempre più marcato.

“Un albero senza radici muore” è una delle frasi che spesso ha chiamato in causa parlando delle dinamiche territoriali e turistiche del lago di Como. In questo particolarmente momento storico, gli amministratori locali come potrebbero giovare a questa causa?

Gli amministratori sanno benissimo cosa fare. Ho parlato con tanti sindaci, che sono pienamente consapevoli di ciò che sta accadendo. Il problema è che ogni singolo è responsabile del proprio territorio. Ogni paese del lago di Como vive anche di quello che fa il paese prima o il paese dopo. Quindi il mio vivissimo suggerimento è che si crei un’assemblea di tutti i sindaci, dove quelli più illuminati - dieci, venti o anche tutti - decidano di arginare questa corsa alla trasformazione delle abitazioni in strutture ricettive e questa corsa ad aprire nuovi bar, ristoranti e alberghi, questi ultimi peraltro tutti realizzati con soldi stranieri. A questi imprenditori interessa giustamente fare soldi, ma sulla pelle del lago di Como.

Quale dev’essere l’obiettivo finale, dunque?

Rendere vivibili i nostri paesi e le nostre città per i cittadini, non vendere l’anima al turismo, che deve rappresentare una risorsa, trasformando le nostre abitudini. Questo turismo diventa un nemico che non ha un volto. Bisogna quindi essere attrezzati per dire “no, per quest’anno non c’è più posto”. Servono scelte forti. Come avvenuto a Villa del Balbianello, un tetto al numero complessivo dei turisti va previsto, che passa anche dallo stop a concessioni a nuovi alberghi o alla trasformazione di abitazioni in pensioni o quant’altro”.

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