Indennità di confine per gli infermieri: «Così si aiuta l’ospedale di Menaggio»

La Uil ha scritto all’assessore regionale Sartori per chiedere un intervento legislativo. «Troppe persone scelgono di andare in Svizzera, utilizziamo parte dei ristorni dei frontalieri»

Menaggio

Alla luce dei 120 milioni di franchi destinati ai Comuni italiani di confine come ristorno frontalieri, la Uil chiede che venga riconosciuta un’indennità al personale sanitario. Il caso emblematico dell’ospedale di Menaggio, svuotatosi di personale perché infermieri, medici e altre figure sanitarie sono più attratti dalle retribuzioni della vicina Svizzera, aveva già portato di recente anche il Comitato per la difesa dell’ospedale a suggerire di utilizzare per la causa della sanità i ristorni dei frontalieri.

Il sindacato ha indirizzato una missiva all’assessore regionale Massimo Sertori per la richiesta dell’indennità di confine nei territori di Como, Lecco e Sondrio: «Si tratta di aree dove da anni si presenta un fenomeno crescente di migrazione professionale verso il sistema sanitario svizzero – si legge nella nota di Massimo Coppia – Da oltre un decennio segnaliamo questa criticità e nel corso del tempo il problema si è ulteriormente aggravato e che sta compromettendo la capacità delle nostre strutture ospedaliere e territoriali nel garantire servizi essenziali, mettendo a rischio la tenuta del sistema sanitario provinciale. Per questo riteniamo indispensabile l’introduzione di un’indennità di confine che riconosca e compensi le difficoltà strutturali dei lavoratori della sanità impiegati nelle zone di confine, che vivono una pressione del tutto particolare rispetto ad altre aree della regione».

A sostegno di questa richiesta la Uil ha già consegnato in Regione una petizione sottoscritta da oltre 1.100 lavoratori del comparto: «È la testimonianza chiara e concreta della necessità di un intervento immediato – insiste Coppia – L’indennità rappresenterebbe uno strumento efficace per favorire la stabilità del personale, contrastare l’emorragia di competenze e garantire la continuità e la qualità dei servizi sanitari resi alla popolazione. Riteniamo dunque indispensabile riconoscere il nostro territorio come area disagiata e adottare misure strutturali che rendano competitivo il lavoro nelle province di confine».

Più in concreto le misure suggerite sono la destinazione di una quota dei 120 milioni che la Svizzera versa annualmente ai Comuni di confine al finanziamento di un’indennità economica stabile per il personale sanitario, una Zes (Zona economica speciale) che consenta l’attivazione di incentivi mirati, la semplificazione amministrativa e il reinvestimento dei ristorni per sostenere il sistema sanitario locale e l’introduzione della “tax pax”, che equivale a una riduzione della pressione fiscale per il personale sanitario operante nei territori di confine, al fine di compensare il differenziale retributivo con la Svizzera e favorire la permanenza dei professionisti nel nostro sistema regionale.

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