Lupi abbattuti, flop in Ticino. «Sono scappati tutti in Italia»

Val Cavargna L’obiettivo era ridurre gli esemplari nati all’interno dei tre branchi protagonisti di predazioni in Svizzera

Alla fine il tentativo ticinese di regolare il numero di lupi tramite abbattimento preventivo si è rivelato un mezzo flop. L’obiettivo era di ridurre gli esemplari nati nel 2023 all’interno dei tre branchi di lupi protagonisti di predazioni in tre distinti ambiti cantonali, ma non è stato raggiunto, forse a causa della vicinanza con l’Italia.

Il riferimento è al branco della Val Colla che da anni ha eletto a riserva di caccia le nostre Val Cavargna e la Valle Albano. All’interno di questo branco è stata abbattuta dagli agenti venatori ticinesi una femmina di circa 23 chili, con un’età stimata di otto mesi. «Il fatto che questo branco abbia passato diverso tempo sul territorio italiano è stato il motivo principale che non ha permesso di completare la sua regolazione con l’abbattimento di altri due giovani lupi», ha rimarcato l’Ufficio Caccia ticinese, anche per arginare le polemiche del mezzo flop sul territorio cantonale: sono stati infatti effettuati due soli abbattimenti su cinque, a fronte di numeri decisamente più alti raggiunti nel Cantoni Vallese (27 giovani lupi abbattuti su 34) e Grigioni (20 su 31 potenziali abbattimenti).

Dal Ticino è quindi arrivata la conferma che, vista l’abbondanza di ungulati sui nostri monti, il branco della Val Colla ha ormai lasciato le dorsali ticinesi per mettere radici stabili in Italia, lasciandosi dietro in Svizzera una scia di predazioni anche di ovi-caprini, con annesso corollario di polemiche da parte di molti allevatori, per i quali ormai il lupo è diventato una minaccia. Ma quella dei soli due abbattimenti (su cinque) non è stata l’unica polemica nella campagna di regolazione dei branchi di lupi annunciata con grande enfasi dal Governo di Berna. L’altra è relativa alla decisione dell’Ufficio cantonale della caccia del Ricino di non avvalersi del supporto dei cacciatori.

Una scelta che il Consiglio di Stato ha così motivato: «Data la difficoltà nel distinguere i giovani lupi da quelli adulti in questo periodo dell’anno, oltre al fatto che i tiri di abbattimento dovevano avvenire solo a determinate condizioni, queste operazioni comportavano un elevato margine di errore. Per questo motivo - si legge ancora - l’Ufficio cantonale della Caccia, sentita anche la Federazione Cacciatori Ticinesi, ha deciso di non avvalersi dell’aiuto dei cacciatori». Nel contempo, l’Ufficio della Caccia ha anche rimarcato «l’impegno dei guardacaccia per queste operazioni e in particolare per il monitoraggio intensificato, per le ronde notturne e gli appostamenti, quantificato in 1050 ore di lavoro».

Ora ci sarà tempo e modo per analizzare il da farsi, ma è chiaro che se la strada intrapresa dalla Svizzera è quella di eliminare parte dei giovani esemplari di lupo presenti nelle zone ad alta concentrazione di allevamenti in quota, inevitabilmente occorrerà instaurare - almeno per il monitoraggio dei branchi - un dialogo con l’Italia e dunque anche con le nostre istituzioni territoriali.

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