Monzino e la conquista dell’Everest. Il papà del Balbianello cinquant’anni dopo

Tremezzina L’anniversario dell’impresa alpinistica condotta dall’ultimo proprietario della villa di Lenno. E nell’immobile donato al Fai c’è uno scrigno di ricordi

Le note dell’inno di Mameli e della Fedelissima (la marcia d’ordinanza dell’Arma) eseguite dalla fanfara dei carabinieri - presente il generale di Divisione, Andrea Taurelli Salimbeni - hanno chiuso l’intenso pomeriggio con cui Villa Necchi Campiglio, bene Fai incastonato nel “cuore” di Milano ha dialogato con Villa del Balbianello, “perla” lennese del Fondo Ambiente Italiano, nel ricordo di un’impresa eccezionale.

Il riferimento è ai 50 anni dalla conquista dell’Everest da parte del Conte Guido Monzino , ultimo proprietario di Villa del Balbianello, poi donata al Fai nel 1988.

Monzino considerava la Villa come la sua ventiduesima spedizione, la ventunesima era proprio la scalata all’Everest, la prima volta di una spedizione italiana sul “tetto del mondo”, la quarta sino a quel momento a completare l’ascesa. Due distinte cordate raggiunsero la vetta tra il 5 ed il 7 maggio 1973. E nell’evento-ricordo moderato da Daniela Bruno, vice-direttrice generale Fai per gli Affari Culturali, sono emerse le tre parole chiave che hanno caratterizzato gran parte della vita di Monzino, vale a dire fede, spiritualità ed estetica. Concetti che poi Guido Monzino ha applicato anche a Villa del Balbianello, dove è custodito un Museo dedicato alle sue numerose imprese alpinistiche, dall’Himalaya all’Africa, dalla Groenlandia alle Ande per arrivare poi alla sua ultima spedizione, l’Everest.

Gli interventi

«E’ un onore parlare oggi qui di Guido Monzino, una persona unica, sicuramente portata al comando in tutti i campi, mosso però da una potenza interiore straordinaria - le parole di Giuliano Francesco Galli, area manager Fai Lombardia Prealpina - Irrequieto, magnetico, affascinante sono i tre aggettivi che contestualizzano i tratti dominanti di Guido Monzino», ricordando il primo incontro con il Conte datato 1979. Ampio spazio durante questo pomeriggio tra passato, presente e futuro, l’ha avuto anche la testimonianza di Rinaldo Carrel, alpinista (allora ventunenne) e membro della storica spedizione dell’Everest del 1973, composta da 55 militari dell’Esercito, 8 civili e 110 tonnellate di materiale. Testimonianza utile a contestualizzare quell’impresa passata alla storia, con citazione d’obbligo per i contributi video di Guido Guerrasio con “l’Everest, la spedizione italiana al tetto del mondo” come filo conduttore.

L’evento di Villa Necchi Campiglio è stata anche l’occasione per rilanciare il tema dei mutamenti climatici, che in dote stanno purtroppo portando conseguenze nefaste ai ghiacciai. E il report fotografico di Fabiano Ventura - il fotografo “dei ghiacciai” - ha sicuramente ben perimetrato questa situazione d’allarme (belle e in taluni casi emblematiche le foto speculari scattate ai ghiacciai a distanza di anni). Di grande interesse, infine, anche il progetto “Ice Memory” illustrato da Jacopo Gabrieli, attraverso il quale sono stati eseguiti carotaggi in profondità per prelevare sezioni di ghiacciai, studiarle e custodirle a futura memoria.

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