Quanta storia tra le pareti della Bocciofila: «Venivano campioni da tutta Italia. Il “Città di Como” era un trofeo ambitissimo»

Via Balestra Costi di gestione troppo alti, la struttura è a rischio chiusura. I responsabili propongono una petizione per convincere il Comune ad agire

È incredibile quanta memoria stia chiusa tra le quattro scalcinate pareti della bocciofila di via Balestra, ex combattenti, un posto che – tra giardino, palme e ristorante affrescato con quella meravigliosa mappa del fronte orientale – è forse anche l’angolo più incantevole della città murata.

Un po’ di storia

Ecco cosa raccontano il vicepresidente Marco Zampieri e Maurizio Moretti, comaschissimo vice campione d’Italia nel lontano 1990: «Appena una quarantina d’anni fa, da Moltrasio a Mariano c’erano almeno 120 corsie per le bocce. Soltanto in città si organizzavano gare da 128 partecipanti senza necessità di utilizzare mai l’auto: si giocava a San Bartolomeo, in via Rezia, si giocava a Sant’Abbondio, in stazione, alla Vignetta e al Villaggio di via Zezio. Da Ponte Chiasso a Monte Olimpino, in un arco di 500 metri, si potevano contare una quindicina di campi: da Michele, al bar Giardino, dietro il ristorante Frate, dietro il Bolognese, in Castel Carnasino... Venivano campioni da tutta Italia. Il “Città di Como” era un trofeo ambitissimo, detto anche pallino d’oro, ché il primo premio era proprio un pallino d’oro. Le bocciofile erano come formicai. Per venire qui a giocare in Combattenti occorreva prenotarsi con il famoso “gettone”, ed era fortunato chi ci riusciva... Tanti campioni, tantissimi, tutti nazionali: Roberto Bevilacqua, un mago anche con gli scacchi, Roberto Galletti, Claudio Marelli, Renzo Tosca, detto veleno spaccasassi per quanto bocciava con violenza. E poi l’Alberto Buzzi... Sapesse la gente che veniva qui soltanto per vedere giocare Buzzi. Lavorava al Banco Lariano. Quando decise di comprare casa alla figlia vendette un chilo di medaglie d’oro, e ancora gliene restavano. Era un uomo pacatissimo, con un sorriso accogliente, afflitto da una leggera zoppia conseguenza di un incidente sotto le armi, quando la camionetta su cui viaggiava precipitò in un dirupo sul Gavia. Giocava soltanto con bocce nuove, lucidissime, e aveva un socio altrettanto famoso, il celebre Piero Rosada, detto “Lupo”, originario di Voghera, altro talento assoluto, tanto feroce in campo, quanto squisito fuori».

Tutta questa sfilza di ricordi riaffiora da una chiacchierata organizzata per fare il punto sul destino della bocciofila, un destino grigio che più grigio non si può. I soldi sono finiti, i costi di gestione sono troppo alti, e i “capi” (il presidente Lino Tettamanti e il suo vice Zampieri) si sono risolti a issare bandiera bianca: «Non siamo più affiliati alla federazione da un pezzo perché la struttura non è a norma. Bisognerebbe rifare tutto. Coperture, impianti, piste, ma è un lavoro che dovrebbe affrontare il Comune, senz’altro non noi, che questo luogo l’abbiamo soltanto in gestione».

Il punto è proprio la gestione. Per sperare di poter continuare, bisognerebbe che l’amministrazione accettasse quantomeno di pagare quel po’ di spese che attualmente sono in capo agli attuali gestori, a maggior ragione viste le fosche previsioni su quel che saranno le bollette dell’inverno ormai alle porte. «Ristrutturare? Si potrebbe – commenta Marelli, che oggi gioca a Milano, per la bocciofila Caccialanza di via Padova, altro “tempio” laico sovrabbondante di storia – tanto più che la Federazione italiana sarebbe ben lieta di contribuire con fondi suoi o del Coni. Ma prima di tutto bisognerebbe che il Comune manifestasse l’intenzione di redigere un progetto. Soltanto allora si potrebbe pensare a un intervento esterno».

La petizione

Il sogno di tutti, sotto il tetto malandato della bocciofila – che è anche un bel centro di aggregazione, in città murata, per quanti siano un po’ più in là con gli anni – è che tutto torni come un tempo, quando ristorante, giardino e bocce rappresentavano un delizioso “unicum” fruibile non soltanto a chi andasse a caccia di pallini sulla sabbia. «Così dovrebbe tornare» dice Moretti, preoccupato anche per l’inevitabile ridimensionamento degli accoliti di uno sport bello, difficile e intelligente. Chissà. Intanto, chi volesse dare una mano alla bocciofila della combattenti, può passare in via Balestra, magari al mattino: i soci saranno felici di sottoporvi una petizione che aspetta soltanto di essere firmata.

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