«Un botto. E poi i bimbi che gridavano»

Lomazzo Matteo Vicenzi è il camionista di Appiano Gentile contro cui lunedì si è schiantato il pullman - «Ho tenuto un piccolino in braccio venti minuti, perché era in crisi d’ansia. Su quel bus una scena terribile»

Appiano Gentile

Matteo racconta. E sembra di vederle le immagini che ha visto. E di sentirle, le grida che ha udito. Il botto. Improvviso, violento, inatteso. Gli istanti di smarrimento: «Cos’è successo, chi mi ha tamponato? Mi chiedevo...». Poi, fuori dal finestrino aperto, sul lato sinistro del camion, quel pullman alla deriva: «L’ho visto passare, il davanti completamente scomparso. Le porte aperte e oltre quelle porte ho visto tutti quei bambini. E li ho sentiti gridare».

Matteo Vicenzi, camionista di Appiano Gentile, ha lo sguardo gentile e la spalla destra immobilizzata. In quella fascia e nella voce a tratti tremolante porta con sé i segni di un lunedì pomeriggio che non potrai mai più dimenticare. Quello in cui un pullman pieno di bimbi di prima e quarta elementare ha tamponato, schiantandosi, il retro del suo camion.

«Stavo tornando verso il magazzino dopo la giornata di lavoro in un cantiere a Cernusco» racconta Vicenzi, dipendente dell’impresa Foti - Stavo guardando dritto davanti a me e non mi sono accorto del bus che mi stava arrivando conto. A un certo punto sento questa gran botta sul retro del camion. Mi sono ritrovato con gli specchietti chiusi e ho cercato di capire cosa fosse successo. Quando ho visto passare il pullman».

La prima informazione che gli occhi e le orecchie trasmettono al suo cervello è: bambini! Su quel pullman viaggiano dei bambini. «Ho subito preso il telefono e ho chiamato il 112, mentre il pullman per inerzia è andato a fermarsi sotto il cavalcavia più avanti. Dopo aver chiesto i soccorsi, sentendo le grida dei bambini, mi è venuto istintivo scendere e correre verso il pullman. Un’auto con tre ragazzi si è fermata per gestire il traffico, mentre io correvo verso il cavalcavia».

Il pullman era adagiato sul lato destro del breve tunnel. Il vetro davanti esploso. Il muso distrutto. Seduto accanto al suo avvocato, Graziella Foti, il camionista rivive ogni singolo istante: «Sono salito dalla porta centrale. Che scena ho visto? Brutta… i bambini gridavano, erano spaventatissimi. Una maestra mi è venuta incontro e mi ha detto: “Ho visto tutto… non è colpa tua… ti è venuto addosso”. C’era un’altra maestra che cercava di tenere i bambini lontani dalla parte davanti del pullman» perché evitassero di vedere la loro educatrice seduta accanto all’autista, senza più vita.

«Fino a che non sono arrivati i soccorsi stato lì con i bambini. In quelle situazioni - racconta Matteo Vicenzi - ci si sente sempre un po’ papà. Anche se i miei figli sono grandi, beh ci si immedesima subito nel genitore». I soccorsi sono stati rapidi: «Dopo neppure cinque minuti è arrivata un’auto della stradale, sono stati velocissimi. E saranno passati dieci minuti dall’arrivo della prima ambulanza: una catena di soccorsi organizzata... sono stati molto bravi». Ma per quanto veloci, quei dieci minuti prima dell’arrivo dell’ambulanza non passavano mai.

«Anche perché era veramente come essere nella peggior scena di un horror. Molti bimbi avevano i volti insanguinati. Gli occhi terrorizzati. Uno di loro piangeva e mi diceva: “Perdo sangue, perdo sangue”. Allora ho preso dell’acqua, ho bagnato il fazzoletto e gli ho pulito il viso. E gli ho detto: “No, non è grave. Vedi? È una piccola ferita. Poi c’era un bimbo piccolo che gridava che non trovava più suo fratello più grande».

Arrivati i soccorsi, Matteo Vicenzi è sceso dal pullman. Ma prima che tutti i bimbi fossero presi sotto l’ala dei medici, degli infermieri, dei volontari, dei vigili del fuoco, lui è rimasto lì a bordo Pedemontana: «Ho tenuto un bimbo, in preda a una crisi d’ansia, in braccio venti minuti. Ci sono stati momenti che avevo su di me cinque o sei bambini. E li abbracciavo e vedevo la disperazione e lo spavento nei loro occhi».

Spavento, disperazione, ma anche tanto sangue freddo: «Le maestre sono state fantastiche. Una di loro ha aiutato la polizia a recuperare il numero del coordinatore, per informare il più velocemente i genitori. Incredibile». Matteo ha dolori al collo e alla spalla. Ma non è il fisico il problema: «Se che non è colpa mia. So che non potevo farci nulla. Ma io mi sentirò per sempre in qualche modo in colpa per essermi trovato là, nel posto sbagliato al momento sbagliato».

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