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Sabato 14 Gennaio 2023
Caso neruda, la verità dopo 50 anni
Il certificato di morte per cancro era un falso. Dal 24 gennaio verranno tirate le conclusioni di dieci anni di indagini piene di ostacoli. Ne parla a “L’Ordine” il nipote avvocato del poeta

Con “ardiente paciencia”, per citare il discorso tenuto da Pablo Neruda al conferimento del Premio Nobel nel 1971, stanno cercando da dieci anni la verità sulla morte del poeta. Loro sono Rodolfo Reyes Muñoz ed Elisabeth Flores Perez, coppia nella vita e nel lavoro, impegnati sul “caso Neruda” come avvocati dei diritti umani e rappresentanti della famiglia (Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto era il vero nome del poeta e Rodolfo è suo nipote. Ora sperano che questo 2023, in cui cadranno a settembre il cinquantesimo del golpe in Cile e della morte dell’autore del “Canto general”, sia l’anno giusto per avere una risposta definitiva rispetto alla presunta relazione tra i due tragici eventi.

È loro convinzione, infatti, che Neruda non sia morto per un rapido peggioramento della malattia da cui era affetto (cancro alla prostata), bensì abbia subito un avvelenamento. Già cinque anni fa Reyes aveva rilasciato un’intervista a “L’Ordine”, quando sui resti del poeta e si era riscontrata la presenza di botulino in un molare. Un dato che pareva confermare l’ipotesi dell’assassinio, ma che necessitava di ulteriori riscontri da parte di laboratori internazionali, andati terribilmente per le lunghe.
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