Caso neruda, la verità dopo 50 anni

Il certificato di morte per cancro era un falso. Dal 24 gennaio verranno tirate le conclusioni di dieci anni di indagini piene di ostacoli. Ne parla a “L’Ordine” il nipote avvocato del poeta

Con “ardiente paciencia”, per citare il discorso tenuto da Pablo Neruda al conferimento del Premio Nobel nel 1971, stanno cercando da dieci anni la verità sulla morte del poeta. Loro sono Rodolfo Reyes Muñoz ed Elisabeth Flores Perez, coppia nella vita e nel lavoro, impegnati sul “caso Neruda” come avvocati dei diritti umani e rappresentanti della famiglia (Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto era il vero nome del poeta e Rodolfo è suo nipote. Ora sperano che questo 2023, in cui cadranno a settembre il cinquantesimo del golpe in Cile e della morte dell’autore del “Canto general”, sia l’anno giusto per avere una risposta definitiva rispetto alla presunta relazione tra i due tragici eventi.

È loro convinzione, infatti, che Neruda non sia morto per un rapido peggioramento della malattia da cui era affetto (cancro alla prostata), bensì abbia subito un avvelenamento. Già cinque anni fa Reyes aveva rilasciato un’intervista a “L’Ordine”, quando sui resti del poeta e si era riscontrata la presenza di botulino in un molare. Un dato che pareva confermare l’ipotesi dell’assassinio, ma che necessitava di ulteriori riscontri da parte di laboratori internazionali, andati terribilmente per le lunghe.

Quali sono le ultime novità sul “caso Neruda”?

REYES: Dobbiamo sottolineare che questa indagine forense e penale, condotta per più di dieci anni, ha subito vari ostacoli alla suo svolgimento, frapposti da persone terze e interessate alla nostra gestione proattiva come avvocati della famiglia di Pablo Neruda. Tuttavia, oggi finalmente possiamo segnalare che il Panel di esperti forensi internazionali (Canada, Danimarca, USA, Spagna e Cile) ha concluso la sua indagine scientifica, per determinare la vera causa della morte di Pablo. E a breve sono previste riunioni ibride (in presenza e online) dei periti delle diverse nazioni: si svolgeranno dal 24 gennaio al 3 febbraio, quando gli esiti saranno consegnati all’attuale giudice, signora Paola Plaza, che è stata nominata dalla Prima Corte d’Appello di Santiago.

FLORES: A quanto detto, si aggiunge il fatto che i tempi di attesa, propri di ogni fase di perizia forense, sono stati aggravati e ritardati da difficoltà con il Servizio medico legale del Cile, che non disponeva delle conoscenze scientifiche o delle tecnologie di ultima generazione possedute dai laboratori stranieri, ed era ostinatamente contrario alla consegna dei campioni di sedimenti da inviare agli esperti in Canada e Danimarca. Inoltre, la Fondazione Neruda (ente che gestisce le tre case museo del poeta, nda) si è opposta ferocemente all’indagine e alla conoscenza della verità sulla causa della morte di Neruda. Infine non sono mancati ostacoli economici poiché, a causa dei ritardi e delle opposizioni in giudizio del Ministero dell’Interno cileno, non venivano pagati ai laboratori gli importi che erano previsti dalla legge e dal contratto.

E così, dall’8 aprile del 2013, quando il giudice Mario Carroza ordinò l’esumazione dei resti del poeta, si è incredibilmente arrivati al 2023 senza una parola definitiva...

REYES: Va tenuto presente che le prime perizie sono state effettuate in Cile, curate dal Servizio Medico Legale, il quale, per mancanza di competenze, ha effettuato solo alcuni esami tossicologici, risultati inconcludenti e insufficienti.L’allora giudice incaricato Mario Carroza, ordinò la riesumazione e i resti furono inviati a laboratori in Canada e Danimarca, dove potevano essere analizzati con tecnologie scientifiche all’avanguardia. Là sono stati sottoposti a vari esami e analisi forensi, che di base richiedono tempo, e poi dovevano essere confrontati e ratificati da entrambi i laboratori.

FLORES: A quanto già esposto, si sommano gli ultimi anni di pandemia, e poi abbiamo impiegato l’intera seconda metà del 2022 a cercare di ottenere che il Ministero dell’Interno informasse il tribunale della sua disponibilità a sostenere i costi per organizzare l’assemblea dei periti forensi in Cile. Nonostante i nostri sforzi, siamo arrivati a gennaio del 2023 per avere finalmente certezza del pagamento, e di conseguenza, anche della successiva gestione del raduno in luogo idoneo al lavoro che devono svolgere gli esperti nazionali e stranieri, prima della loro relazione finale che verrà consegnata direttamente alla Corte.

Quest’anno cadono i cinquant’anni del golpe militare e della morte di Neruda. Possiamo dire che ancora non si è arrivati a una verità definitiva su nessuno dei due tragici eventi? Sia il “Plan Condor”, con una regia nordamericana, sia il presunto assassinio del poeta sono ancora oggetto di indagini...

REYES: Limitandomi al caso di Neruda, sottolineo che si è già registrato un cambiamento importante in forma pubblica e nota: nel 2017 è stato riferito ufficialmente che il certificato medico di morte, apparentemente firmato dal dottor Vargas Salazar, è un falso ideologico, il suo contenuto non è vero.Questo, più precisamente, significa che Neruda non è morto di cancro, nonostante fosse stato colpito e curato per questa malattia, e come hanno affermato i periti e la sua vedova in dichiarazioni pubbliche, i medici hanno assicurato che avrebbe potuto vivere ancora molti anni , almeno tre o più. Ciò significa che non sarebbe dovuto morire quella data (23 settembre 1973, nda) alla Clinica Santa Maria.

FLORES: A complemento di quanto sottolineato dal mio collega, aggiungo che Pablo Neruda si era recato alla Clinica Santa Maria solo per tre giorni allo scopo di mettere al sicuro la propria vita, dato che sabato 22 settembre sarebbe dovuto salire sull’aereo che lo avrebbe portato in Messico. Questo è molto importante da ricordare, poiché tutto sembra indicare che l’intervento di terzi per provocarne la morte serviva a impedirgli di lasciare il Paese, ond’evitare l’opposizione politica dall’estero di una persona di chiara fama.

Cosa ne pensate delle polemiche legate al rapporto non consenziente con una serva, avvenuto in Sri Lanka nel 1928 e da Neruda stesso raccontato con pentimento in “Confesso che ho vissuto”, che hanno bloccato l’intitolazione al poeta dell’aeroporto di Santiago?

REYES: Penso che si sia trattato di una macchinazione politica per evitare di intitolargli il principale aeroporto del Cile. Il Neruda che conosco, come suo nipote, ha difeso le donne in modo permanente e accanito, a cominciare da mia nonna Trinidad Candia Malverde. Lei, che non era sua madre biologica, gli ha trasmesso forza, affetto e rispetto per la figura femminile. È un dato di fatto che Neruda abbia scritto poesie appassionate sulle donne, per esempio in “Venti poesie d’amore e una canzone disperata”. Allo stesso modo, nella sua vita pubblica e politica, ha sempre difeso con forza le sue compatriote - letterate, politiche, donne del popolo - in Cile e nel mondo, lo so per certo. Neruda dovrebbe essere considerato per la sua vasta opera che ha segnato generazioni, aprendole ai più vasti orizzonti letterari.

FLORES: Come avvocato e donna, devo sottolineare che l’interpretazione della sua storia nel libro citato è forte, ma non sorprendente o inaspettata. Abbiamo visto che di volta in volta nel corso della storia mondiale vengono messe sul patibolo persone che hanno avuto rilevanza di vario genere, ed essendo il tempo attuale un tempo in cui noi donne stiamo rivendicando diritti, ricercando e scrivendo, educando noi stesse in campi diversi, tutto questo si tradurrà necessariamente in un aumento delle critiche. Ma, secondo me, il giudizio sul comportamento di Neruda è a discrezione di ogni lettore, poiché chi ha scritto questa storia non è presente per dire cosa sia realmente accaduto. Le persone sbagliano molte volte, sia gli accusatori che gli imputati, ma la difesa è un diritto dovuto, che Neruda non potrà esercitare.

Nel vostro studio legale è esposta una fotografia che ritrae Rodolfo con zio Pablo e altre persone. Quando fu scattata?

REYES: La fotografia a cui si riferisce è stata scattata nel 1970, nel Comune di La Granja, nel pieno della campagna elettorale, quando lo zio Pablo Neruda era un precandidato alla Presidenza della Repubblica del Cile, poiché lo accompagnammo nei suoi vari incontri. In essa sono presenti, da sinistra a destra, mio ​​padre Rodolfo Reyes Candia, fratello di Neruda; al suo fianco ci sono i miei fratelli, José del Carmen - scomparso nel 2022 a causa del Covid- e mia sorella Trinidad insieme a zio Pablo. Infine Edison ed io alla sua destra, quando eravamo tutti giovani. Questa foto è stata autografata da zio Pablo nel marzo 1973, durante una riunione di famiglia che abbiamo avuto con lui e con mio padre. Nella dedica ha scritto «Ai nuovi re, un vecchio re: Pablo Neruda, 1973, Isla Negra». Vi autorizzo volentieri a pubblicarla.

Quale è la sua poesia preferita di Pablo Neruda?

REYES: Nell’ambito familiare, mi è molto cara la poesia che lo zio dedicò a mia nonna, “La Mamadre”: è semplice, sincera e di enorme sensibilità umana, poiché rispecchia le esperienze e le privazioni che lo zio ha dovuto vivere, insieme a suo fratello Rodolfo - mio padre - nella città di Temuco. Amo molto anche “Il canto generale”, la sua opera magna: racconta l’epopea che ci permette di comprendere il nostro continente desolato, i suoi abitanti, le sue geografie, e rivendica storicamente i diritti dei popoli originari, violati, maltrattati e mai conquistati.

Nel 2017 è stato anche lei in Italia, in particolare sul lago di Como e a Capri. Che ricordi conserva di quel viaggio?

REYES: Ricordo con grande affetto l’occasione a cui si riferisce. Fummo invitati a Como per tenere una conferenza nella biblioteca comunale, sull’indagine penale relativa alla vera causa della morte del poeta, promossa anche dall’Ordine degli Avvocati, cosa per cui sono infinitamente grato all’operatrice culturale e traduttrice Jalisco Pineda e a lei, Pietro Berra. Ho partecipato con la mia collega Elisabeth Flores ed è stata l’occasione per conoscere il paradiso del lago di Como, le sue case sorrette dalle nuvole e i percorsi delle sue viuzze nostalgiche e strette, che nascono tra le colline e baciano il lago con le sue acque azzurre. Abbiamo ricevuto l’amicizia e la fraternità della sua gente, che oggi consideriamo tra i nostri amici. Successivamente, dal lago di Como, ho ricevuto con Elisabeth un invito dal Comune di Capri, a nome del sindaco e di una rappresentanza di scrittori, pittori e poeti che ci aspettavano nella bella isola. La calorosa accoglienza è stata indimenticabile e magnifico per noi conoscere i luoghi percorsi e vissuti da zio Pablo e da sua moglie, quelli che hanno ispirato il libro “I versi del capitano”. Abbiamo visitato la Casa di Arturo, dove lo zio venne ospitato da Edwin Cerio quando era un rifugiato, perseguitato politicamente dal presidente cileno Gabriel González Videla. E siamo rimasti colpiti dai tesori del Museo “Ignazio Cerio” e della cordialità del suo direttore. Un grazie infinito anche al nostro ospite, lo scrittore e giornalista Luciano Garofano, che ci ha fatto conoscere l’isola e i suoi splendidi dintorni. Il “gentile timoniere” di Capri ci ha raccontato la storia come il più abile “marinaio sulla terraferma” e ci ha avvolto con il suo mantello dell’amicizia, illustrandoci l’isola “regina di roccia” (come la definì Neruda, ndr) e le sue suggestioni. Ci ha anche permesso di conoscere Paolino, nel suo generoso ristorante ad Anacapri, con gli alberi pieni di limoni, che cadevano in mare. È stato come il vino, profondo e puro, e ci ha inebriati con il profumo amalgamato di Capri e dell’amicizia. Ricordo anche la mia amica Giorgia Fontana del Vecchio, che ha generosamente inserito una mia poesia ispirata a Capri nel suo bel libro “Bisbiglio d’amore”.

Vorremmo pubblicare anche noi una delle poesie che ha dedicato a Capri, magari accanto a una di suo zio. ..

REYES: Volentieri. Sono tanti i sentimenti affiorati sul lago di Como, così come nella bellissima isola di Capri, quelli che fanno tesoro dell’amicizia e dell’amore che abbiamo goduto in quei giorni, più o meno come fece lo zio Pablo Neruda. Quando guardo la mio amata nei suoi occhi, e vedo il mio riflesso, sono consapevole di essere vivo e che ciò che ho vissuto... non era un sogno.

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