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Domenica 13 Luglio 2025
Il Papa, l’Ai e gli alieni: più scienza in Vaticano
Prevost tra astronomia e nuove tecnologie: «L’intelligenza artificiale rende accessibili infinite conoscenze, ma resta peculiarità dell’uomo porsi le domande ultime sulla vita»

Papa Prevost non ha paura della scienza né della tecnologia, anzi, uno dei temi posti fin dal principio al centro del suo pontificato è stato quello dell’intelligenza artificiale (AI). Non desti stupore una scelta del genere: in età moderna la Chiesa si è confrontata spesso criticamente con le conquiste e i passi avanti compiuti dalla scienza e dalla tecnica, solo che stavolta l’approccio non è dominato solo dal timore per l’acquisizione di uno strumento che, potenzialmente, può mettere in discussione il disegno divino, inducendo a credere che una macchina possa diventare fin troppo simile all’essere umano, ma anzi si guarda alle possibilità insieme ai limiti offerti da questo nuovo orizzonte che si sta schiudendo di fronte a noi.
D’altro canto Papa Leone XIV, pur avendo trascorso gran parte della sua vita in America Latina e a Roma, è pur sempre originario degli Stati Uniti, di Chicago per la precisione, dunque negli “States” ha trascorso gli anni della giovinezza e della formazione. Insomma, un papa americano può davvero essere mosso solo da diffidenza quando si parla di passi avanti nella tecnologia e nelle scienze? Evidentemente no.
Il discorso sugli esopianeti
Ne è riprova, prima ancora dei suoi tanti interventi sull’AI, il breve discorso pronunciato lo scorso 16 giugno in occasione dell’incontro con i partecipanti alla scuola estiva di astrofisica promossa dalla Specola vaticana (l’osservatorio spaziale della Santa Sede). Il papa, quella volta, sorprendentemente affermò: «La Scuola estiva di quest’anno è dedicata - così mi dicono - al tema “Esplorare l’universo con il telescopio spaziale di James Webb”. Senz’altro questo deve essere un momento entusiasmante per essere astronomi! Grazie a quello strumento davvero notevole, per la prima volta siamo in grado di scrutare nel profondo nell’atmosfera degli esopianeti, dove potrebbe svilupparsi la vita, e studiare le nebulose, dove si formano i sistemi planetari stessi. Con il Webb possiamo perfino tracciare la luce antica di galassie lontane, che parla dell’inizio stesso del nostro universo».
Realtà e immaginazione
L’inizio dell’universo, un concetto non scontato dal punto di vista teologico, nemmeno per un papa. E subito dopo aggiungeva: «Gli autori delle sacre Scritture, scrivendo così tanti secoli fa, non hanno potuto beneficiare di questo privilegio. Tuttavia, la loro immaginazione poetica e religiosa ha riflettuto su come poteva essere stato il momento della creazione, quando “Le stelle brillano dalle loro vedette e gioiscono; egli le chiama e rispondono: ‘Eccoci!’ e brillano di gioia per colui che le ha create” (Baruc 3, 34). Oggi le immagini del James Webb non ci riempiono forse di meraviglia e, di fatto, di una gioia misteriosa mentre contempliamo la loro sublime bellezza?».
Sono passati circa quattro secoli a quando Galileo esplorando lo spazio con il primo rudimentale telescopio da lui stesso costruito, riscrisse tutta l’astronomia conosciuta fino ad allora e il cardinale Roberto Bellarmino a capo della santa inquisizione, lo richiamò all’ordine; quattro secoli in cui è cambiato tutto, e ora è lo stesso pontefice a parlare di esopianeti.
D’altro canto, Prevost, spiegava in termini chiari la scelta di chiamarsi Leone XIV ai cardinali che lo avevano eletto, già il 10 maggio scorso: «Diverse sono le ragioni» disse, che lo avevano indotto a chiamarsi Leone, però principalmente «perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica “Rerum novarum”, affrontò la questione sociale” nel contesto della rivoluzione industriale; «e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».
Dunque, l’orizzonte entro cui si colloca l’interesse del papa, non è quello di comporre l’ennesimo vademecum etico per tentare di arginare lo sviluppo dell’AI, ma di aggiornare la dottrina sociale della chiesa e accettare quindi le sfide contenute nel progresso determinato dall’irrompere dell’intelligenza artificiale nelle nostre vite.
Così il 20 giugno, Leone XIV, in un messaggio indirizzato ai partecipanti alla seconda Conferenza annuale di Roma sull’intelligenza artificiale, dal tema “AI, ethics and corporate governance”, affermava: «Insieme al suo straordinario potenziale di recare beneficio alla famiglia umana, il rapido sviluppo dell’intelligenza artificiale solleva anche questioni più profonde riguardanti l’uso corretto di tale tecnologia nel generare una società globale più autenticamente giusta e umana».«In tal senso - aggiungeva il papa - pur essendo indubbiamente un prodotto eccezionale del genio umano, l’intelligenza artificiale è innanzitutto uno strumento. Per definizione, gli strumenti rimandano all’intelligenza umana che li ha prodotti e traggono molta della loro forza etica dalle intenzioni delle persone che li impugnano».
«In alcuni casi - spiegava ancora - l’intelligenza artificiale è stata utilizzata in modi positivi e perfino nobili per promuovere una maggiore uguaglianza, ma esiste anche la possibilità che venga usata male per un guadagno egoistico a spese altrui o, peggio ancora, per fomentare conflitti e aggressioni». Ecco quindi la sfida che, secondo il pontefice, interesserà le nostre società nel prossimo futuro: «L’intelligenza artificiale, specialmente quella generativa, ha dischiuso nuovi orizzonti a molti livelli differenti, tra cui il miglioramento della ricerca in ambito sanitario e le scoperte scientifiche, ma solleva anche domande preoccupanti circa le sue possibili ripercussioni sull’apertura dell’umanità alla verità e alla bellezza, sulla nostra particolare capacità di comprendere ed elaborare la realtà. Riconoscere e rispettare ciò che caratterizza in modo unico la persona umana è essenziale per il dibattito su qualunque quadro etico adeguato per la gestione dell’intelligenza artificiale».
In tale prospettiva, Leone XIV, sollevava una preoccupazione specifica: «Nessuna generazione ha mai avuto un accesso così rapido alla quantità di informazioni ora disponibili grazie all’intelligenza artificiale. Ma di nuovo, l’accesso ai dati - per quanto vasti - non va confuso con l’intelligenza, che, necessariamente, implica l’apertura della persona alle domande ultime della vita e rispecchia un orientamento verso il vero e il buono».
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