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Domenica 19 Ottobre 2025
Il primo kolossal nato sul Lario
Nel 1911 la trasposizione dell’“Inferno” di Dante voluta da alcuni “capitani coraggiosi” lombardi. Il film fu girato tra le Grigne, il lago di Como e il Castello di Carimate. Dietro le quinte il lavoro di Metlicovitz per il manifesto e le foto di scena. Una mostra e una proiezione per riscoprirlo

C’è stato un tempo in cui il cinema italiano non era ancora romanocentrico e Milano ha incarnato una delle sue capitali. Con il capoluogo lombardo, pure la Brianza e il Lario hanno rappresentato punti di riferimento non soltanto come “location” di bei film, tradizione viva ancora oggi, ma anche per la loro produzione. Tutto questo prima che il fascismo scommettesse sulla settima arte, come strumento anche di propaganda, e ne ridefinisse la geografia, puntando sui poli di Roma (nel 1937 fu inaugurata Cinecittà) e Venezia (nel 1932 si tenne la prima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica).
Nel 1911 alcuni “capitani coraggiosi”, riuniti nella Milano Films, produssero il primo kolossal europeo, ampliando un lavoro già cominciato nel 1909 dalla precedente Saffi-Comerio su un soggetto di sicuro impatto: l’“Inferno” di Dante Alighieri. Il lungometraggio, diretto da Francesco Bertolini, Giuseppe de Liguoro e Adolfo Padovan, presenta una cura maniacale per tutte le componenti che per noi oggi rappresentano l’essenza del cinema: sceneggiatura, cast, costumi, e un’accurata selezione dei luoghi dove effettuare le riprese. L’infernale ambientazione è stata trovata attorno a quello che l’ideatore dell’omonimo dizionario dei film, Morando Morandini, ha definito «il più telegenico dei laghi lombardi»: il Lario (salvo alcune scene girate tra i laghetti di Arenzano, in Liguria). Con netta prevalenza della sponda lecchese, più aspra e meno romantica rispetto a quella comasca, che invece ha fatto la parte del leone negli ultimi decenni.
Nella selezione degli attori protagonisti, fu posta la condizione che dovessero essere anche abili scalatori, prevedendo il copione che si aggirassero su rocce acuminate con scarpette più adatte al balletto su un levigato palcoscenico.
I luoghi
Dante (Salvatore Papa) e Virgilio (Arturo Pirovano) - quest’ultimo richiamato da Batrice dal limbo del Pian dei Resinelli - entrano nell’inferno attraverso il Canalone Porta della Grignetta, mentre i dannati sono stati collocati anche nelle acque del lago (in località Melgone a Mandello e Parè a Valmadrera) e a Carimate, nel castello (prigione del Conte Ugolino) e nel letto del vicino torrente Serenza.
Proprio il Castello di Carimate, costruito dai Visconti nel Trecento, è stato una mecca del “cinema delle origini”, prima di diventarlo per la musica negli anni Settanta-Ottanta, quando nacquero gli Stone Castle Studios, ideati e diretti da Antonio Casetta. Se più volte si è detto che la comunità di artisti che ha frequentato l’antico maniero - tra gli altri, Fabrizio De André, Eugenio Finardi, Mia Martini, i Pooh, Lucio Dalla, Antonello Venditti, Riccardo Cocciante, Paul Young, Roberto Vecchioni e gli Yes - meriterebbe un film, è importante anche non dimenticare le opere cinematografiche che tra quelle antiche mura sono state girate a cavallo degli anni Dieci. Il merito principale va riconosciuto a Bernardo Arnaboldi Gazzaniga (1847-1918), che oltre a possedere una vasta eredità di palazzi e terreni, fu deputato e senatore nelle file liberali per oltre tre decenni , nonché un illuminato mecenate: acquistò l’abitazione di Alessandro Manzoni in piazza Belgioioso a Milano, al solo scopo di salvare l’integrità degli ambienti di vita del grande scrittore, e investì nella Milano Films, fondata il 30 dicembre del 1909 da alcuni addetti ai lavori (cineoperatori e gestori di sale cinematografiche) con ben 24 esponenti della nobiltà e dell’alta borghesia lombarde.
I finanziatori
I magnati meneghini comprarono un ettaro di terreno alla Bovisa e fecero costruire un teatro di posa; alcuni di loro misero a disposizione anche i propri palazzi. Nel 1910 il Castello di Carimate fu tra le location del primo successo della Milano Films, “Gioacchino Murat, dalla locanda al trono”, un corto diretto da Giuseppe de Liguoro, che in dieci minuti di girato coinvolse 400 comparse. All’inizio della primavera del 1911 fecero il botto con l’“Inferno”, primo lungometraggio realizzato in Italia: 1200 metri di pellicola, a sedici anni di distanza dall’invenzione del cinematografo dei fratelli Lumière, che conteneva appena 17 metri di pellicola pari a 50 secondi di girato.
Il film è composto da 54 scene, ispirate alle illustrazioni di Gustave Doré. Presenti tutti i principali ambienti e personaggi della prima cantica della “Commedia”. PArtiti dalla selva oscura, Dante e Virgilio incontrano Minosse, Paolo e Francesca, Farinata degli Uberti, Pier della Vigna, il già citato Conte Ugolino, fino ad uscire “a riveder le stelle”. Incredibili gli “effetti speciali”, ottenuti con sovrimpressioni, sovraesposizioni, viraggi, macchine teatrali e piccoli trucchi nel montaggio: un enorme Lucifero con tre teste intento a sbranare un uomo che si dimena invano; i lussuriosi trascinati dalla bufera, il petto squarciato di Maometto con le interiora esposte, la testa staccata di Bertran de Born, la trasformazione dei ladri in serpenti.
Un capolavoro, insomma, di un’arte cinematografica ancora adolescente, in cui gli effetti visivi predominano sulla narrazione. Ma un notevole bilanciamento tra i due aspetti si avrà solo pochi anni dopo, nel 1915, in un grande thriller, “Il Jockey della morte” del regista danese Alfred Lind, prodotto dalla Vay Film, una delle tante case di produzione minori sorte attorno agli studios della Bovisa. Anche in questo caso il Castello di Carimate è una delle location principali, e appare anche uno scorcio lariano (Moltrasio), ma la scena clou è un inseguimento sui tetti di Milano partendo dal Teatro Dal Verme.

“L’Inferno” fu un successo e venne distribuito persino in America, nonostante la Helios di Velletri avesse bruciato sul tempo la Milano Films facendo uscire un lungometraggio con lo stesso titolo poco prima. Alla riuscita contribuì anche il manifesto di Leopoldo Metlicovitz (1868-1944), grande cartellonista della Belle Époque (e oltre), che in quegli anni trascorreva le vacanze nella villa di Ponte Lambro (CO) e dal 1915 la scelse come residenza principale, tant’è che le sue spoglie riposano nel cimitero del paese. Nel suo fondo di 804 foto, donato nel 2018 al Civico Archivio Fotografico di Milano da Maria Ciceri Fagetti, proprietaria della villa brianzola, figurano anche alcune immagini di scena del film.
La mostra e la proiezione
L’“Inferno” del 1911 è protagonista di una mostra e di una serata curate da chi scrive.
Al Museo del Paesaggio del Lago di Como, in via Statale 4835 nel Comune di Tremezzina (CO), è in corso fino al 2 novembre la mostra “100 anni di film sul Lago di Como. Immagini, aneddoti e cimeli da Hitchcock a Guerre stellari”, visitabile dal giovedì alla domenica dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 18. Una parte della prima sala è dedicata al cinema delle origini, nell’ambito del quale “Inferno” è il titolo di maggior rilievo. Ne vengono presentati il manifesto di Leopoldo Metlicovitz, messo a disposizione dalle Civiche Raccolte Bertarelli di Milano, tre foto di scena e una del modello in posa per il manifesto, provenienti dal fondo Metlicovitz dell’archivio del Municipio di Milano “Fotografie in comune”. Nel weekend 25-26 ottobre sono previste anche visite guidate, passeggiate e conferenze legate all’esposizione (info su http://sentierodeisogni.it/eventi).
Giovedì 30 ottobre alle 20.45 verrà presentato nella sala consiliare di Ponte Lambro (via Roma 23), il film “Inferno 1911”, versione del lungometraggio restaurata dalla Cineteca di Bologna con una post produzione curata nel 2021 dal regista Alessandro Perrella, che vi ha aggiunto testi di Ornella Stella e dello stesso Dante recitati da Luca Biagini (tra le altre cose doppiatore ufficiale di John Malkovich) e musiche di Francesco Corrias eseguite dal Coro Vocenincanto. Saranno anche esposti il manifesto e le foto di scena. Ingresso libero.
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