Se padrino e madrina finiscono in soffitta

Due figure destinate dalla Chiesa ad accompagnare il battezzando nella vita cristiana sono ridotte a “orpello coreografico” E così molti vescovi preferiscono cancellarle

Francesco Peloso

I tempi cambiano e la Chiesa un po’ si adegua un po’ cerca nuove strade. Così, anche le tradizioni più antiche entrano in crisi. È il caso della figura del padrino e della madrina presenti nei sacramenti del battesimo e della cresima, sono sempre di più, infatti, le diocesi italiane che stanno abolendo queste figure dai riti. Da ultimo è accaduto nella Chiesa di Palermo, ma la stessa decisione è stata presa dai vescovi di Grosseto, Sulmona, Ventimiglia, Viterbo, Agrigento, Spoleto e così via.

Cosa sta accadendo? Che quella che era una presenza legata a una tradizione di fede è diventata una consuetudine, un orpello, un’abitudine alla quale non corrisponde nemmeno più l’appartenenza alla Chiesa cattolica di coloro che sono chiamati a svolgere il compito di padrini e madrine, mettendo quindi in imbarazzo gli stessi sacerdoti. D’altro canto, il Codice di diritto canonico, al canone 872, definisce così il ruolo del padrino: «Al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino, il cui compito è assistere il battezzando adulto nell’iniziazione cristiana, e presentare al battesimo con i genitori il battezzando bambino e parimenti cooperare affinché il battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e adempia fedelmente gli obblighi ad esso inerenti». Per questo il padrino deve essere «cattolico», e aver «già ricevuto la confermazione e il santissimo sacramento dell’eucaristia», e condurre «una vita conforme alla fede e all’incarico che assume». Il senso, insomma, è quello di una persona che accompagna nella vita spirituale i nuovi battezzati. Questo almeno l’intento originario.

“Relazioni ambigue”

Tuttavia, si legge nel decreto di sospensione delle figure di padrini e madrine del vescovo di Palermo Corrado Lorefice del gennaio scorso, «nel corso del tempo convenzioni sociali e abitudini consolidatesi hanno compromesso l’autentico significato di questo ufficio esercitato a nome e per mandato della Chiesa. Confuso spesso con relazioni di parentela - se non addirittura con legami ambigui - e relegato, il più delle volte, al solo momento rituale, ha perso l’originario significato di accompagnamento nella vita cristiana del battezzato e del cresimato, riducendosi a semplice “orpello coreografico” in una cerimonia religiosa».

Pura formalità

Simile il ragionamento che ha portato ad analogo provvedimento da parte del vescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano: «È un’usanza antichissima della Chiesa - si afferma nel documento della diocesi agrigentina - dare al battezzato un padrino o una madrina. Il compito è grave e delicato, in quanto prevede l’accompagnamento nel cammino di crescita umana e spirituale di chi è iniziato alla vita cristiana». «Ci rendiamo conto, tuttavia - affermava il decreto del vescovo - che una così importante istituzione ha perso nel tempo molto del suo carattere religioso riducendosi - il più delle volte - a una pura formalità convenzionale, dettata da motivi umani e da una consuetudine ormai svuotata di senso». A sua volta il vescovo di Grosseto, mons. Giovanni Roncari, abolendo la figura dei padrini e delle madrine per la cresima nel settembre del 2021 osservava: «Sono nati come garanti di una formazione cristiana già avvenuta nel battesimo degli adulti e garanti di una futura formazione-testimonianza cristiana nel battesimo dei piccoli. La loro evoluzione-involuzione è sotto gli occhi di tutti: si scelgono spesso persone per ragioni affettive, di parentela, di convenienza sociale che poco hanno a che fare con la formazione cristiana che invece viene impartita da altri. Tutto sembra esaurirsi, salvo qualche felice eccezione, alla presenza durante la liturgia sacramentale».

Era lo stesso papa Francesco d’altro canto, aprendo nell’ottobre 2021 il sinodo generale con cui chiamava tutta la Chiesa a ridiscutere le forme dell’annuncio evangelico nel mutato contesto storico (il processo sinodale si concluderà a Roma nel 2024), a mettere in guardia i cristiani dal cedere all’idea de “si è sempre fatto così, quindi perché cambiare?”. Affermava infatti Francesco: «Iniziamo con il chiederci tutti - Papa, vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi, sorelle e fratelli laici - noi, comunità cristiana, incarniamo lo stile di Dio, che cammina nella storia e condivide le vicende dell’umanità? Siamo disposti all’avventura del cammino o, timorosi delle incognite, preferiamo rifugiarci nelle scuse del “non serve” o del “si è sempre fatto così?”». In tal senso, il discorso del papa sembra aver trovato una prima risposta anche nella decisione presa da tanti vescovi di rompere col conformismo e con una ritualità fine a sé stessa.

Infine, va ricordato come i mutamenti relativi alle figure di padrini e madrine, in Sicilia abbiano avuto un significato anche più ampio. Nel marzo del 2017, infatti, l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi, firmava un decreto con il quale si vietava a chiunque fosse in qualche modo colluso con organizzazioni mafiose di assolvere il compito di padrino o madrina. «Tutti coloro che, in qualsiasi modo deliberatamente - si leggeva nel provvedimento firmato dal vescovo - fanno parte della mafia o a essa aderiscono o pongono atti di convivenza con essa, debbono sapere di essere e di vivere in insanabile opposizione al Vangelo di Gesù Cristo e, per conseguenza, alla sua Chiesa». Ne consegue - spiegava il decreto - che «non possono essere ammessi all’incarico di padrino di battesimo e di cresima coloro che si sono resi colpevoli di reati disonorevoli o che con il loro comportamento provocano scandalo; coloro che appartengono ad associazioni di stampo mafioso o ad associazioni più o meno segrete contrarie ai valori evangelici e hanno avuto sentenza di condanna per delitti non colposi passata in giudicato».

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