Dialisi, i casi raddoppiano: «Serve più prevenzione»

L’approfondimento L’insufficienza renale cronica deve essere considerata come malattia in crescita e di grande impatto sociale. Il nefrologo: «Tra le cause l’allungamento della vita e una riduzione della cosiddetta mortalità competitiva»

Negli ultimi due decenni in Italia, come nel resto dell’Europa e negli Stati Uniti, il numero dei pazienti avviati alla dialisi è più che raddoppiato, e continua ad aumentare, interessando soprattutto le persone over 65 anni. E nelle classi di età inferiore non si assiste a una riduzione della problematica. Un fenomeno che ha radici lontane come spiega Gianvincenzo Melfa, responsabile dell’unità operativa complessa di Nefrologia e Dialisi di Asst Lariana.

«Alla base di questo preoccupante aumento – spiega - che è stato definito dall’Oms come una pandemia, stanno l’allungamento della vita e una riduzione della cosiddetta mortalità competitiva».

Si tratta di condizioni che consentono alle malattie renali di svilupparsi negli anni. «Non è però irrilevante – aggiunge il primario - il fatto che sovente la diagnosi è tardiva, e ciò fa sì che non si possano prendere per tempo i provvedimenti necessari e che la malattia, spesso senza sintomi evidenti, proceda indisturbata».

L’insufficienza renale cronica deve essere così considerata come malattia in crescita e di grande impatto sociale. L’attenzione nei suoi confronti è aumentata dopo la dimostrazione che un’insufficienza renale, anche lieve, accresce sensibilmente il rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare e che, per contro, prevenzione e trattamenti precoci sono molto efficaci.

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