È tra le prime cause di ricovero per gli over 65: lo scompenso cardiaco e i suoi sintomi

Il disturbo Interessa soprattutto pazienti infartuati e oltre i 65 anni. Dispnea, fatica, lividi agli arti inferiori sono tra i segni più caratteristici dell’insorgere della malattia

Ogni anno venti persone ogni mille, d’età compresa tra i 65 e i 69 anni, sono interessate da una diagnosi di scompenso cardiaco.

Questa cifra aumenta in maniera significativa tra gli over 85, spesso la patologia insorge in acuto.

Lo scompenso cardiaco rappresenta la causa più comune di ricovero tra gli ultra 65enni e rappresenterà tra pochi anni la terza causa di decessi in tutto il mondo.

Una malattia cronica

«Per inquadrare lo scompenso cardiaco dobbiamo distinguere due grandi casistiche – spiega Carlo Campana, primario della Cardiologia dell’Asst Lariana –: la prima, drammatica, riguarda casi di cardiomiopatie tra i pazienti giovani nei quali lo scompenso è la prima manifestazione, rappresenta l’inaspettato esordio. Il secondo, con numeri importantissimi, riguarda invece i pazienti che da anni convivono con un quadro evolutivo relativo a patologie cardiache. Quindi anziani, infartati, magari plurinfartati, con recidive e ricadute che portano ad uno scompenso. Costoro devono affrontare un percorso di malattia cronica».

Lo scompenso cardiaco è l’incapacità del cuore di assolvere alla normale funzione di distribuzione del sangue a tutti gli organismi del nostro corpo. Il cuore funziona, ma non abbastanza.

La pompa fa sì circolare sangue e ossigeno, ma non soddisfa il fabbisogno, la richiesta da parte di organi e muscoli. Nello stadio precoce questa mancanza può non essere così evidente. Dispnea, fatica, lividi agli arti inferiori, con danni secondari agli organi interni. Nel tempo però lo scompenso può risultare fatale. Dunque può salvarci la vita un elettrocardiogramma, una radiografia del torace, un’approfondita analisi del sangue, un holter e magari una coronarografia.

I progressi in campo terapeutico

«Oggi giorno possiamo riuscire a convivere con lo scompenso cardiaco – dice Campana – grazie a una diagnosi puntuale e ai grandi miglioramenti sostanziali compiuti nella terapia medica. Abbiamo a disposizione farmaci innovativi che possiamo associare in maniera molto raffinata. Anche precocemente. I risultati sulla sopravvivenza sono incoraggianti come quelli sulla riduzione delle ospedalizzazioni. L’ospedalizzazione infatti è un fattore sfavorevole alla prognosi. Ogni nuova ospedalizzazione incide in maniera negativa sul paziente, sulla sua stabilità e sulla sua qualità di vita oltre che pesare sul sistema sanitario».

Per combattere lo scompenso non bisogna entrare in ospedale dalla porta del Pronto soccorso, ma da quella dell’ambulatorio di cardiologia appositamente dedicato.

In maniera cadenzata così i pazienti possono essere monitorati e trattati così da evitare ricadute e da rallentare gli effetti della patologia sul cuore e su tutto l’organismo.

«Per fare prevenzione insieme all’Aisc, l’Associazione italiana scompensati cardiaci – spiega il cardiologo – la scorsa settimana abbiamo visitato su un ambulatorio mobile, un camper, una trentina di comaschi. Non i nostri pazienti interni che già seguiamo, ma delle persone che si sono auto presentate o che avevano prenotato un controllo. È importante intercettare precocemente le patologie cardiache così da poterle subito trattare. Ma è altrettanto importante che anche i pazienti che da anni soffrono di uno scompenso di gravità moderata e severa continuino a farsi seguire con regolarità. Attraverso gli ambulatori dedicati così da frenare la progressione della patologia».

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