La rottura della “cuffia” si verifica quando la spalla si blocca

Ortopedia Una patologia molto diffusa che a volte richiede un intervento. È conseguenza della lesione di uno o più tendini dei muscoli rotatori

La cuffia dei rotatori è una struttura muscolo-tendinea della spalla che consente all’articolazione di eseguire importanti movimenti. Si parla di rottura della stessa quando in uno o più tendini che la compongono si verifica una lesione. Si tratta di una patologia molto frequente e che spesso richiede l’intervento chirurgico.

«Questa problematica raramente interessa la popolazione giovanile – spiega Carmelo Scutellà, responsabile dell’unità di Ortopedia del Cof Lanzo Hospital – ma riguarda principalmente persone in età più avanzata o che per motivi professionali svolgono movimenti ripetitivi con le braccia alzate».

La spalla è senza dubbio una delle articolazioni più complesse del corpo umano, ma per meglio capire come avviene questo procedimento di “usura” della cuffia è utile conoscere parte della sua anatomia. La cuffia dei rotatori è composta da tre muscoli rotatori esterni (sovraspinato, infraspinato e piccolo rotondo) e un muscolo rotatore interno (sottoscapolare). Questi quattro muscoli hanno dei tendini il cui compito è di proteggere l’articolazione formando appunto una “cuffia” sulla testa dell’omero. «La degenerazione del tessuto tendineo provocata dal logoramento è così la causa più comune di rottura della cuffia dei rotatori – sottolinea l’ortopedico – e spesso il paziente arriva dallo specialista quando ormai la situazione è compromessa». Il dolore è il sintomo principale che porta il paziente dall’ortopedico.

«Fondamentale per la diagnosi è l’anamnesi – aggiunge – che ci consente di intercettare già la problematica, segue l’esame obiettivo e la prescrizione di accertamenti più approfonditi che consentono, ad esempio, di individuare una sindrome da conflitto sub-acromiale o di escludere una tendinopatia calcifica, patologia questa che va a mimare la sindrome da conflitto». Radiografia e risonanza magnetica sono accertamenti utili in questo senso.

La sindrome da conflitto è legata al fatto che ogni volta che la spalla viene sollecitata alzando più in alto la mano rispetto alla spalla stessa si viene a restringere lo spazio tra la testa dell’omero e l’acromion (scapola), dove scorrono i tendini. «Prima di arrivare alla rottura – dice ancora Scutellà – si instaura un meccanismo di difesa che porta alla borsite sottoacromiale, questa struttura si riempie di liquido per far si che non ci sia più attrito tra i tendini e l’osso. Questa condizione è però dolorosa e quando il dolore persiste anche di notte si è arrivati generalmente alla rottura della cuffia».

Una diagnosi precoce, quindi, consentirebbe in molti casi di evitare l’intervento chirurgico, ma nella realtà dei fatti la maggior parte dei pazienti corre ai ripari quando ormai il tendine è lesionato. «Quando il tendine può essere suturato – dice lo specialista – viene generalmente eseguito un intervento in artroscopia, con differenti tecniche chirurgiche a seconda del caso, che consente un ripristino completo della cuffia. Il paziente nel mese successivo all’intervento deve tenere il braccio fermo per poi iniziare un ciclo di fisioterapia per almeno due o tre mesi». In pazienti selezionati e con una situazione molto compromessa può essere valutato un intervento più invasivo con l’inserimento di una protesi.

In termini di prevenzione è possibile fare qualcosa? «Le persone che per motivi professionali utilizzano spesso e a lungo l’articolazione della spalla dovrebbero imparare una serie di accorgimenti per evitare un cattivo uso dell’articolazione stessa – conclude l’ortopedico –. Un altro aspetto importante è di non sottovalutare mai il dolore. Se questo sintomo non passa entro 15 giorni nonostante terapie farmacologiche è importante rivolgersi allo specialista». Una radiografia o una ecografia in questa fase, infatti, si rivelano utili per intercettare i primi segnali di un problema alla cuffia, con riposo e fisiokinesiterapia molto efficaci per ripristinare buone condizioni biomeccaniche.

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