Qualità del lavoro e salute mentale: donne più esposte al rischio di depressione

Lo studio dal Regno Unito Il test è stato realizzato su 26mila persone con la stessa attività. «Con più flessibilità il rischio depressione cala del 26%», denuncia l’esperto, «Fa la differenza anche la scelta degli orari».

Esiste un nesso tra qualità del lavoro e salute mentale, soprattutto tra la popolazione femminile. È quanto emerge da uno studio condotto nel Regno Unito da un gruppo di ricercatori italiani e pubblicato sulla rivista Labour Economics.

Lo studio dal titolo “The impact of working conditions on mental health: Novel evidence from the UK” è stato condotto dai docenti di Economia Politica Michele Belloni dell’Università di Torino, Elena Meschi dell’Università Milano Bicocca e da Ludovico Carrino, ricercatore dell’Università di Trieste (Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche - Deams) e del King’s College di Londra.

L’indagine: evitare il rischio di depressione? Si può fare

Le indagini hanno preso in esame oltre 26mila lavoratori britannici (donne e uomini) che hanno svolto lo stesso lavoro tra il 2010 e il 2015. Pur mantenendo lo stesso lavoro, le condizioni all’interno delle quali queste persone hanno operato sono cambiate nel corso del tempo sia a causa del progresso tecnologico che delle fasi di crescita e di decrescita economica, che hanno inciso sull’operato delle aziende in cui lavoravano. Lo studio ha analizzato come la salute mentale dei lavoratori, in generale, abbia reagito nel tempo al cambiamento delle condizioni di lavoro. «L’indagine ha rilevato, ad esempio, che se alcune posizioni lavorative solitamente meno flessibili – spiega Ludovico Carrino, ricercatore del King’s College di Londra e dell’Università di Trieste - potessero sperimentare la stessa autonomia degli impiegati addetti al lavoro di ufficio, si osserverebbe una riduzione nel rischio di depressione clinica del 26% come diretta conseguenza».

Due caratteristiche influiscono sulla salute mentale dei dipendenti

I ricercatori hanno scoperto che le caratteristiche principali di un lavoro che hanno un effetto sulla salute mentale dei suoi dipendenti sono due: la flessibilità di organizzazione degli orari di lavoro e il grado di autonomia che le persone hanno nell’applicare e sviluppare le loro competenze sul posto di lavoro.

La ricerca ha rilevato che queste caratteristiche del lavoro hanno conseguenze diverse in base al sesso del lavoratore: in particolare, la salute mentale delle donne appare più sensibile, rispetto a quella degli uomini, a variazioni nella qualità del lavoro. «La salute mentale delle lavoratrici più giovani, sotto i 35 anni – aggiunge Michele Belloni, docente di Economia Politica all’Università di Torino - è risultata migliorata nelle situazioni in cui le stesse potevano sperimentare una maggiore libertà di azione. Per le donne oltre i 50, invece, è stata registrata una migliore salute mentale nel momento in cui esse potevano contribuire in modo creativo al proprio lavoro e lavorare in condizioni dell’ambiente fisico migliori, oltre che disporre di orari di lavoro più flessibili» Lo studio, infine, sottolinea la rilevanza economica e sociale dei risultati per il contesto della figura lavorativa femminile, anche considerato che, in Inghilterra come in Italia, le donne tendono a ricoprire più frequentemente una molteplicità di ruoli cruciali come la cura della casa e dei figli che creano conflitti tra famiglia e lavoro.

«È emerso – conclude Elena Meschi, docente di economia politica all’Università Milano-Bicocca - come gli interventi volti a migliorare le condizioni di lavoro possano essere più efficaci per alcune lavoratrici piuttosto che per altre, a seconda del tipo di lavoro che svolgono. In particolare, i risultati segnalano che i benefici maggiori di un miglioramento nella qualità del lavoro si riscontrano nelle donne impegnate in mansioni caratterizzate da alto stress lavorativo».

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