Sempre più progressi per le protesi: ecco i motivi per non averne timore

Chirurgia ortopedica Gli interventi di protesizzazione fanno ancora paura. Eppure le nuove tecniche consentono una piena ripresa della funzionalità

Restituire un’adeguata funzionalità all’articolazione dell’anca o del ginocchio è l’obiettivo di un intervento di protesizzazione. Oggi c’è ancora timore nella popolazione nel sottoporsi a questo tipo di chirurgia, ma grazie a tecniche sempre più sofisticate è possibile riprendere le proprie attività in poco tempo. Fondamentale, inoltre, evitare che la situazione degeneri del tutto in quanto l’esito dell’intervento dipende anche dalla tempistica di diagnosi.

«Si arriva a un intervento di protesi – spiega Corrado Bait, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Articolare e Traumatologia dello Sport all’Istituto Clinico Villa Aprica – per due motivi. Quando cioè l’articolazione ha subito una degenerazione artrosica o perché l’articolazione ha perso la sua funzionalità a seguito di un incidente, quindi a seguito di una frattura può essersi alterata l’anatomia dell’articolazione e questa non lavora più correttamente, si usura, e quindi per farla tornare a essere funzionale ha bisogno di essere protesizzata».

I nuovi materiali

Parlando di degenerazione artrosica è evidente che nella maggior parte dei casi questi interventi vengono eseguiti su una popolazione over 60, ma non è un gesto chirurgico riservato solo alla popolazione più anziana. «Con l’evoluzione delle tecniche chirurgiche – prosegue lo specialista – così come degli strumentari, delle vie di accesso e delle tecniche anestesiologiche, oggi si assiste a una riduzione dei tempi di ospedalizzazione».

L’obiettivo è così quello di educare il paziente a eseguire degli esercizi di preparazione all’intervento a casa o con il proprio fisioterapista, in modo tale da affrontare al meglio il decorso post-operatorio e tornare il più presto possibile alle normali attività. «Salvo casi particolari – aggiunge - da un punto di vista ortopedico la degenza per la protesi, oggi come oggi, è inferiore alla settimana. Il paziente può poi essere trasferito, quando necessario, in un reparto di Riabilitazione».

Non solo l’atto chirurgico, anche i materiali negli anni hanno avuto una importante evoluzione. «Sia le leghe metalliche – precisa Bait - con le quali sono composte le protesi, che il polietilene cioè l’interfaccia che si va a interporre fra le componenti metalliche, hanno subito una notevole evoluzione oltre a design sempre più rispettosi dell’anatomia normale e soprattutto della funzionalità». Come sottolinea il medico, bisogna sempre ricordare che si tratta di interventi chirurgici, e che resta sempre un margine di rischio che però oggi non è legato ai materiali ma all’integrazione della protesi stessa all’interno dell’articolazione. Ecco perché un’importante evoluzione si è avuta anche per quanto riguarda la forma delle protesi in quanto lo scopo è quello di riprodurre sempre più fedelmente la cinematica dell’articolazione interessata.

Menischi e cartilagine

«Prima di arrivare al metallo – spiega ancora lo specialista - si possono usare una serie di accorgimenti che ritardano l’inserimento della protesi. Per quanto riguarda il ginocchio, per esempio, in quanto la parte che tende più a consumarsi sono i menischi e la cartilagine, si può pensare a un trapianto di menisco o a una protesi di menisco. Si tratta di un cuscinetto in silicone che va a occupare lo spazio che prima era del menisco e della cartilagine e che consente al ginocchio di ripristinare la propria funzionalità e di ritardare il più possibile la sostituzione completa dell’articolazione».

In termini di prevenzione, come sottolinea lo specialista, non bisogna mai dimenticare che gli stili di vita, il sovrappeso, l’alcol e il fumo vanno a incidere in modo importante sul processo di degenerazione dell’organismo e quindi anche di quello artrosico.

© RIPRODUZIONE RISERVATA