Tumore alla mammella: la diagnosi precoce è vita

Prevenzione Sopravvivenza (quasi) al 100% nei casi intercettati per tempo. Al meeting europeo di Milano, le novità sul fronte terapeutico ma non solo

In Europa il tumore della mammella uccide circa 90 mila donne ogni anno ed è la prima causa di morte per le donne tra i 35 e 59 anni. La prevenzione è fondamentale, perché la sopravvivenza è fortemente correlata allo stadio in cui il tumore viene scoperto: da quasi il 100 per cento per chi ha avuto una diagnosi in stadio molto precoce, al 30 per cento per chi scopre il tumore in stato metastatico.

Nei giorni scorsi Milano ha ospitato la 14esima edizione della European Breast Cancer Conference (Ebcc14), il meeting internazionale sul cancro più importante d’Europa, l’unico che coinvolge in un’ottica multidisciplinare tutti i principali attori che si occupano di cancro al seno. L’evento è organizzato dal Breast Cancer Group di Eortc (European Organisation for Research and Treatment of Cancer) in partnership con Eusoma (European Society of Breast Cancer Specialists) ed Europa Donna.

«In Italia nel 2022 sono stati diagnosticati circa 55.700 nuovi casi nelle donne, per le quali la neoplasia mammaria è il tumore più frequentemente riscontrato, a cui si aggiungono 1.500 casi negli uomini» spiega il professor Giuseppe Curigliano, ordinario di Oncologia Medica all’Università Statale di Milano e direttore della Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative dell’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano, oltre che presidente del comitato nazionale organizzatore dell’Ercc14. «La stima delle morti per tumore della mammella nel nostro Paese nel 2021 è di 12.500 – aggiunge Curigliano -. La sopravvivenza 5 anni dopo la diagnosi è stata riscontrata nel 91% dei casi e questo dato si avvicina al 98% per i tumori allo stadio iniziale. I tassi di mortalità sono tra i più bassi d’Europa e abbiamo i migliori risultati in termini di sopravvivenza per il tumore al seno metastatico». La ricerca in questo settore ha fatto enormi progressi sul fronte delle cure e questo si traduce in un approccio sempre più personalizzato per i pazienti. L’evento scientifico, infatti, grazie alla partecipazione di cento relatori provenienti da tutto il mondo, ha coperto l’intero spettro dei temi riguardanti il tumore al seno e ha posto l’attenzione sulle novità in diversi ambiti quali l’impatto dello stile di vita, lo screening, l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale, l’immunoterapia, l’epidemiologia e i risultati delle terapie, la genetica.

Sul fronte delle terapie, ad esempio, i risultati di fase 3 di un ampio studio clinic hanno dimostrato come le pazienti con tumore della mammella triplo negativo non traggono beneficio dall’aggiunta di atezolizumab al trattamento chemioterapico dopo l’intervento chirurgico.

Il tumore al seno triplo negativo, così chiamato perché le cellule cancerose non esprimono né recettori per estrogeni, né progesterone né per Her2, è più difficile da gestire e ha un maggior rischio di metastasi a distanza, cioè in altre parti del corpo. Una precedente ricerca ha suggerito che aggiungere un trattamento immunoterapico alla chemioterapia prima dell’intervento chirurgico può migliorare la sopravvivenza per questo gruppo di pazienti. I nuovi risultati mostrano che abbinare atezolizubam, un tipo di immunoterapia, con la chemioterapia dopo la chirurgia non porta gli stessi benefici. L’analisi conclusiva dello studio è stata presentata dalla dottoressa Heather McArthur, professore associato del Dipartimento di Medicina Interna e direttore clinico del Programma per il Tumore al Seno dell’Harold C. Simmons Comprehensive Cancer Center dell’Ut Southwestern Medical Center a Dallas, in Texas (Usa).

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