La discarica della ’ndrangheta
«Serve un daspo ambientale»

I giudici: imprenditori collusi con i clan per interessi personali - L’appello del Circolo Ilaria Alpi: «Verificate i rifiuti interrati sotto il ponte»

Como

Le motivazioni della sentenza del giudici di Como sul caso della discarica di La Guzza consegnata - secondo il Tribunale cittadino - da un imprenditore nelle mani della ’ndrangheta, non poteva non suscitare reazioni. E infatti all’indomani della pubblicazione, da parte de La Provincia, delle conclusioni a cui è giunta la magistratura interviene il Circolo Ambiente Ilaria Alpi, già protagonista di confronti e dibattiti anche con magistrati della direzione distrettuale di Milano sul tema delle ecomafie.

«Le motivazioni della sentenza confermano che, spesso, sono gli imprenditori a cercare il sostegno della criminalità organizzata e non viceversa - scrive il presidente, Roberto Fumagalli - Una dinamica già nota nel caso-scuola della Perego Strade (il Circolo Ilaria Alpi fu l’unica parte civile di quel processo ndr) Non è un caso che nella vicenda della Smr Ecologia», la società con sede amministrativa a Busto Arsizio e operativa a Como nell’impianto di La Guzza «troviamo proprio alcuni personaggi protagonisti anche della vicenda Perego Strade».

Secondo l’associazione ambientalista, «sull’impianto de La Guzza occorre sia fatta ancora chiarezza su alcuni elementi. Anzitutto sul perché, quando nel sito la Smr è subentrata alla Econord, siano mancati i controlli amministrativi preventivi sui nuovi imprenditori coinvolti e sui personaggi di cui si circondavano». Inoltre resta da chiarire «l’interramento di rifiuti che sarebbe avvenuto, quando già era scattato il sequestro dell’area». Fu proprio il principale imputato, il braccio destro del capo locale della ’ndrangheta di Lonate Pozzolo (imputato poi assolto dall’accusa di estorsione contro l’imprenditore titolare della Smr Ecologia), a raccontare nell’aula del Tribunale com una parte dei rifiuti sarebbero stati interrati vicino a uno dei piloni della tangenziale di Como.

Infine il Circolo Ambiente lancia una proposta: «Occorrerebbe una sorta di “Daspo ambientale” per quelle figure che, in passato, hanno avuto legami con vicende di mafia o ecoreati» ovvero un provvedimento che vieti a imprenditori scesi a patti con i clan di tornare a operare nel settore dei rifiuti.

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