Contratto badanti, stangata sulle famiglie. Da gennaio aumenti fino a 1.500 euro

Il caso L’adeguamento in base all’inflazione rischia di pesare troppo sulle casse delle famiglie. Le associazioni chiedono l’intervento del Governo

«Da un aumento medio di 20 o 30 euro su base mensile si passerà, dal 1° gennaio, a circa 150 euro in più, ogni mese, per la retribuzione di colf e badanti. L’incidenza è calcolata in base all’inflazione, così se negli ultimi anni gli aumenti sono stati del 3 o 4%, nel 2023 si preannunciano attorno al 10% - spiega Alberto Gallas, titolare dell’omonima azienda di assistenza domiciliare - si tratta di una norma inserita automaticamente nel Contratto collettivo nazionale di lavoro. Il problema è che un aumento dei costi dei contratti regolari porta quasi sempre a una crescita del sommerso, quindi del lavoro nero o “grigio”». A Como l’agenzia Gallas in via Briantea gestisce il personale di aiuto per circa 150 famiglie. Nel 75% dei casi sono lavoratori conviventi, per il 25% a ore. Tra le badanti conviventi nessuna è di nazionalità italiana, tra quelle a ore il 30% è italiana.

La difficoltà maggiore riguarda l’estensione della provincia di Como: sono molti i piccoli centri poco collegati dai mezzi dove non è facile garantire la presenza continua di personale.

L’assistenza domiciliare non è un bene di lusso in un momento che l’Istat definisce “inverno demografico” con un progressivo aumento della popolazione anziana.

Il totale annuale

Dal prossimo anno il rincaro sarà di circa 1.500 euro in un anno tra stipendi, tredicesime e ferie. L’analisi in prospettiva prevede possibili difficoltà per le famiglie che necessitano di collaboratrici domestiche per assistere i propri parenti anziani.

È l’effetto che l’inflazione maturata negli ultimi 12 mesi avrà sulle retribuzioni dei lavoratori, ed è un costo notevole per quelle stesse famiglie che, parallelamente, non hanno ricevuto nell’anno appena trascorso buste paghe più pesanti ma analogamente hanno subito aumenti delle bollette di gas ed energia con una diminuzione del potere di acquisto.

L’auspicio è che gli aumenti previsti possano essere compensati dagli adeguamenti delle pensioni, che in alcuni casi potrebbero crescere del 7%, e dal rinnovo dei contratti collettivi scaduti in numerosi settori. Se saranno adeguati al costo reale della vita, l’assistenza domestica probabilmente non subirà ripercussioni.

«Bisognerà anche che il Governo intervenga per evitare che l’assistenza domiciliare diventi un privilegio riservato a pochi – continua l’amministratore delegato di Gallas Group - dubito che si possa trovare un accordo che modifichi un contratto collettivo già definito. È molto difficile che all’ultimo momento sia ribaltato con condizioni a svantaggio del lavoratore. Allo stato attuale la possibile soluzione che potrebbe essere proposta è di portare in detrazione le spese sostenute per l’assistenza domiciliare delle persone anziane non autosufficienti. Si tratta di un bisogno legato alla sanità e alla famiglia e la defiscalizzazione avrebbe una sua logica».

Il capitolo detrazioni

Al momento si possono detrarre al massimo 500 euro all’anno, un nulla rispetto alle esigenze di nuclei dove entrambi i coniugi lavorano e hanno a carico uno, due o più persone anziane, come accade sempre più frequentemente nelle famiglie. Affidarsi a una persona non è per delegare la cura, ma per cercare anche un’assistenza competente per problemi complessi. L’idea è di detrarre l’intera spesa per l’assistenza domiciliare, circoscritta a reali e comprovate necessità di cura, e di innescare così un circolo virtuoso perché si incentiverebbe la regolarizzazione del lavoro domestico. La conseguenza potrebbe essere l’emersione del lavoro in nero con beneficio di tutti, anche dello Stato .

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