Edilizia, niente regole e mascherine
L’Unia: «Meglio fermare i cantieri»

Indagine in Ticino su 132 attività con esiti definiti «desolanti». Il sindacato va all’attacco: «Condizioni inaccettabili». Oltre 7mila i frontalieri nel settore

«Lo scenario che si è presentato dopo un’indagine durata una settimana su 132 cantieri edili ticinesi, relativa all’applicazione delle misure anti-Covid, è desolante. A questo punto, una soluzione che mettiamo sul tavolo utilizzando un condizionale molto accentuato è la seguente: si dovrebbe considerare una chiusura dell’intero comparto». È quanto conferma a “La Provincia”, Dario Cadenazzi, responsabile del settore edilizia del sindacato Unia, settore che al 30 settembre occupava in Ticino 7.737 frontalieri, la metà dei quali comaschi. Dunque, Unia esce allo scoperto, lanciando ufficialmente il lockdown dell’edilizia, conseguenza diretta che «la salute nei cantieri deve essere garantita, altrimenti - lo ribadisco - meglio fermarsi».

D’altro canto, l’indagine di Unia inchioda uno dei segmenti simbolo dell’economia ticinese alle proprie responsabilità. Ecco due dati che fotografano alla perfezione una situazione a dir poco esplosiva, tenendo conto che non più tardi di venerdì il medico cantonale Giorgio Merlani ha parlato di «terapie intensive sotto forte pressione, che potrebbero arrivare ad essere completamente occupate nei prossimi giorni». Sul tema delle mascherine protettive, l’81,25% degli intervistati ha risposto che «le mascherine vengono fornite su richiesta degli operai», con un 7,4% che ha risposto «ancora più raramente» all’1,79% che aveva affermato: «le mascherine vengono fornite una volta alla settimana». Quanto ai cantieri, il 77,27% degli intervistati ha affermato, in modo perentorio, che «dopo il lockdown (primaverile, ndr) non è stato introdotto alcun tracciamento» e l’86,36% sempre degli intervistati ha aggiunto che anche a novembre «non vi è stato alcun tracciamento».

Un tema sensibile è quello delle baracche da cantiere, visti anche i rigori di questa stagione tardo autunnale. L’85,71% degli addetti ha confermato che «non vengono organizzati turni, se non c’è abbastanza posto» e l’80,30% ha poi aggiunto che «baracche e bagni non vengono lavati con maggiore frequenza o igienizzati». «Ho utilizzato l’aggettivo desolante per descrivere la situazione dei cantieri edili ticinesi. Io aggiungerei che in taluni casi questa situazione è addirittura agghiacciante. Soprattutto nei grandi cantieri stradali, quello che dovrebbe essere uno dei punti di forza - il tracciamento dei contatti - visto l’alto numero di imprese e addetti impiegati, di fatto non esiste - aggiunge Cadenazzi -. Di fatto questi cantieri rischiano seriamente di diventare zone fuori controllo». Il responsabile del settore edilizia di Unia, ha poi fatto notare che «c’è qualche situazione in cui comunque vi è un rispetto delle regole, ma in troppi cantieri abbiamo riscontrato limiti importanti. Già solo il fatto che i lavoratori non hanno a disposizione le mascherine, questa situazione una riflessione la dovrebbe imporre». Il rispetto delle regole d’ingaggio passa anche da controlli serrati, che ad oggi - a detta degli addetti intervistati - non ci sono stati. «In tantissimi tra i nostri lavoratori ci hanno detto che in questa seconda ondata non hanno visto nessuno», la chiosa del sindacalista.

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