Gli annunci? Dovranno indicare il salario. I sindacati: «Un’arma contro la disparità salariale»

Il provvedimento Via libera dall’Europa l’Italia ha 2 anni per adeguarsi. Sindacati: «Sapere lo stipendio è un diritti di tutti»

Annunci di lavoro, sarà obbligatorio dichiarare subito lo stipendio. Il Parlamento europeo ha approvato la direttiva sulla trasparenza salariale, l’Italia ha due anni per recepire le indicazioni stabilendo modalità e sanzioni per chi non rispetta le nuove regole. Lo scopo è quello di contrastare la differenza di retribuzione tra uomini e donne. Nel caso del contesto italiano, si presenta come una novità assoluta, considerando che oggi i datori di lavoro non hanno alcun obbligo di dichiarare esplicitamente nelle offerte l’importo del salario offerto. «Parte di questa normativa era già contenuta nella Legge sulla parità salariale 162/2021, che ha introdotto la previsione secondo cui le aziende che impiegano più di 50 dipendenti devono predisporre, a cadenza biennale, il Rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile in ambito retributivo e di organico» spiega Sandro Estelli segretario generale Cgil Como.

Dal punto di vista normativo l’uguaglianza salariale esiste già, nessun contratto di lavoro nazionale specifica che uno stipendio a parità di mansione possa essere diverso tra uomini e donne. Questo però a volte non accade, per altri motivi: «Alle donne vengono spesso negate le possibilità di carriera o aumenti a gestione individuale da parte del datore di lavoro. Premi e avanzamenti ricompensano più di frequente gli uomini, questo perché vengono scaricate sulle donne tutte le responsabilità della gestione famigliare che le rende potenzialmente meno presenti. Un problema culturale, ma anche della mancanza di strumenti a sostegno della natalità che in altri Paesi europei esistono. La trasparenza si dimostra comunque uno strumento utile per permettere in chiaro fin da subito le prospettive offerte al lavoratore» chiude Estelli.

«Tutto quello che porta maggior chiarezza nell’ambito lavorativo, anche nel caso degli annunci, va assolutamente bene – aggiunge Salvatore Monteduro segretario Uil Milano e Lombardia – Bisognerà capire come il nostro Stato andrà a disciplinare il tutto, lo stiamo vedendo con il Decreto trasparenza dove già l’Ue ha elencato una serie di elementi che devono essere messi a conoscenza dei lavoratori, mentre nel nuovo decreto che si preannuncia per il primo maggio, verranno snelliti. Le differenze tra uomini e donne non sono nel salario di accesso, ma spesso nelle condizioni offerte, alle donne per esempio vengono proposti più spesso contratti part-time o precari».

La direttiva europea introduce anche il divieto per il datore di lavoro di chiedere al candidato il suo stipendio precedente: «Sapere quanto si guadagnerà viene spesso giudicata una domanda irrispettosa in fase di colloquio e invece non lo è - afferma Daniele Magon segretario generale Cisl dei Laghi – Quando si tratta di chiamare una persona che già lavora, gli viene fornita un’offerta completa con orari e Ral per incentivarlo ad accettare, diventa irrispettoso invece chiedere lo stipendio precedente a chi è alla prima occupazione. Ritengo giusto nella chiarezza della mansione definire anche il guadagno che non è una cosa che non si può chiedere. Mi è capitato spesso di ascoltare commenti di datori di lavoro in merito al fatto che il candidato avesse chiesto informazioni sul salario prima di iniziare a lavorare, come fosse una cosa che non si può fare. La ritengo invece un’informazione doverosa da conoscere e da inserire fin da subito nell’offerta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA