Seta made in Como? Per ora è un sogno ma i progetti ci sono

L’esempio della Calabria con un progetto sostenuto da Gucci e la rinascita del gelseto di Cassina Rizzardi. Ora la raccolta fondi per acquistare una linea completa ed automatizzata di produzione

Rimane un sogno la realizzazione di prodotti fatti con seta 100% comasca? Il tema si ripropone vista la crescita della gelsibachicultura in altre parti d’Italia, piccole filiere uniche in Europa. Tra le case history di successo il progetto portato avanti in Calabria con caparbietà e determinazione da tre giovani imprenditori. Domenico Vivino, Miriam Pugliese e Giovanna Bagnato nel 2013 hanno fondato a San Floro, nell’entroterra Catanzarese, una cooperativa agricola, Nido di Seta, che copre tutta l’attività di produzione del filo d’oro: dalla coltivazione del gelso all’allevamento del baco, fino alla creazione di accessori. L’iniziativa ha trovato il supporto di Gucci, la nota maison di moda si è impegnata non solo ad acquistare il filato prodotto, ma anche a finanziare la costruzione e l’acquisto di una macchina per la filatura al fine di velocizzare una parte della lavorazione. L’obiettivo è quello di arrivare a produrre 300 chili di filo di seta l’anno.

«Si tratta comunque di un piccolo quantitativo- dichiara Stefano Vitali, ex presidente Ufficio Italiano Seta -. Siamo lontani dal coprire la richiesta del mercato italiano, circa 1 milione e mezzo di chili l’anno. Anche a Como si sta cercando di recuperare questa tradizione antica, con una produzione artigianale, ma a chilometro zero».

Tra i promotori del progetto, l’imprenditore Graziano Brenna. «Negli anni ’90 - racconta- un gruppo di industriali comaschi ebbe l’idea di creare il Centro Tessile Serico con l’obiettivo di ridurre la dipendenza commerciale dalla Cina. Vennero individuati delle aree nell’ex Congo Belga, dove c’era un clima ideale per dar vita alla gelsibachicoltura. Ingegneri africani furono invitati a Cassina Rizzardi, dove esisteva un gelseto con una torcitura e altri impianti in grado di formarli per mettere in moto un circuito virtuoso di economia sostenibile. Dopo un paio d’anni questa collaborazione si è fermata a causa dei tumulti e della crisi politica che colpì quel Paese».

Il gelseto si salvò dall’abbandono totale grazie alla Cooperativa SocioLario, fondata da professor Allara, che lo prese in custodia. Dopo qualche anno si fermò ancora tutto fino a quando è partito il progetto “Bacomania” grazie alla Cooperativa sociale Tikvà e una lunga lista di partner, sponsor, associazioni, sindacati, coinvolti in vari modi. Tra questi il Museo della Seta, la Fondazione Setificio ed ex Allievi e Fondazione Volta.

«Il gelseto di Cassina Rizzardi è stato risistemato - evidenzia Graziano Brenna -. Adesso stiamo cercando di raccogliere fondi per acquistare una linea completa ed automatizzata di produzione, dalla raccolta del gelso al prodotto finale da commercializzare. In un primo tempo le macchine verrebbero collocate negli spazi del Museo della Seta per poi essere installate in un immobile adeguato. Stiamo valutando anche un’interessante opportunità, quella di piantare un nuovo gelseto nell’area dell’ex San Martino. L’idea di produrre seta made in Como non è stata quindi accantonata, è un progetto che viene da lontano, adesso bisogna che imprenditori, associazioni e territorio facciano un salto in avanti e diano finalmente concretezza a questo sogno».

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