Benvenuta neve
lo stupore ci salverà

Tanti anni fa (scusate l’inizio un po’ da fiaba ma poi capirete perché) c’erano dei fatti, degli avvenimenti, che riempivano il cuore perché inattesi. Ti alzavi una mattina e guardando fuori dalla finestra, vedevi i fiocchi bianchi che cadevano fitti. La prima neve, roba da stropicciarsi gli occhi.

Non ce la facevi a non sorridere, lo sguardo era solo per quello spettacolo inatteso. Non che allora non ci fossero problemi; magari, come oggi, gli autobus faticavano a circolare, ma non c’era problema. Scarpe pesanti, berretto di lana e a scuola ci andavi a piedi. Tutto questo è solo un lontano ricordo. Oggi la neve è la peggior cosa che possa accadere. Non c’è niente di inatteso. Incominciano una settimana prima a farcela odiare; non c’è sito internet, giornale o televisione che non lanci l’allarme. Scenderà la grande nevicata, dieci, venti, trenta, quaranta centimetri. I mezzi spalaneve schierati, le grandi città in presa da una grande ansia. La gente spaventata, la corsa alle catena o alle gomme da neve.

I disastri si annunciano prima ancora che avvengano e l’ovvio diventa solo una speranza. Perché è ovvio che bisogna spargere il sale, è ovvio che bisognerà usare la macchina solo in caso di necessità, è ovvio che bisognerà organizzarsi per spalare strade e marciapiedi. Con le dovute proporzioni (meno macchine, meno traffico, meno gente che si spostava da una città all’altra) era così anche trent’anni fa. Eppure lo si viveva con meno angoscia, come appunto, qualcosa di ovvio.

Ma da allora ad oggi c’è qualcosa che è davvero sparito: la capacità di stupirsi. Non siamo più capaci di stupore di fronte a ciò che la realtà ci regala. Quello stupore che ti rende capace, magari, di sopportare il disagio o la rinuncia.

Oggi è tutto annunciato; sembra quasi che vogliano imporci quale sguardo e quale sentimento avere di fronte a ciò che accade. E noi stessi vogliamo costruirci una realtà a nostra misura, che non ci chieda sacrifici, che non ci costringa a cambiare l’agenda della nostra giornata. Se nevica, lo sappiamo già e sappiamo già cosa accadrà, siamo già pronti.

E’ così per tutto; in qualche modo c’è qualcuno che pensa per te, che ti costringe a non vedere più. Ti hanno talmente convinto che la città dove vivi è brutta che, girando per le sue strade, non riesci a vedere più il bello che c’è. Una ragazza rom, in un piccolo libro dove racconta la sua vita di fughe e di dolore, ricorda che la prima volta che mise piedi a Milano era notte e, guardando il cielo, era rimasta colpita dalla bellezza del cielo stellato. Il cielo stellato, chi vive a Milano, difficilmente lo vede, anzi nega quasi che sia possibile, ma solo perché non è più abituato a cercarlo, a guardare in alto.

Mercoledì, dicono, nevicherà. Proviamo a non pensarci, proviamo a viverlo come qualcosa di inatteso. Aspettiamo quella mattina e proviamo a stupirci. Lasciamo che la realtà ci racconti le sue fiabe. Se poi saremo costretti a vivere qualche disagio, quello stupore ritrovato, ci renderà capaci di sorridere lo stesso.

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