Biblioteca Plinio
e piazza Borsellino

A Como si fa da anni dell’ironia sul fatto che il liceo classico sia dedicato a uno scienziato, Alessandro Volta, e lo scientifico a un umanista, Paolo Giovio. Eppure la duplice scelta ha una sua ragion d’essere, opportunamente ricordata dai siti di entrambe le scuole: la prima porta dal 1865 il nome del suo più illustre professore e reggente (sebbene non nella sede attuale); la seconda è intitolata dal 1923 a un altro grande comasco che incarna «i valori dell’educazione, dell’unitarietà della cultura e del pluralismo». Come verrà motivata, invece, la recente intitolazione della biblioteca a Paolo Borsellino?

La decisione è stata presa il 5 luglio dalla giunta comunale, raccogliendo una proposta dell’associazione San Francesco impegnata nella lotta contro le mafie, e il comunicato del Comune non ne spiega le motivazioni, rimandando a una futura conferenza stampa. Assolutamente d’accordo con il vicesindaco Alessandra Locatelli sul fatto che «i fenomeni mafiosi siano da combattere e contrastare in ogni modo», e anche a qualsiasi latitudine, ma è possibile che non desti nessun interrogativo la semplice constatazione che per 55 anni Como non sia stata in grado di identificare un personaggio meritevole di dare il nome alla sua biblioteca e ora esca dall’impasse dedicandola a un magistrato vittima della mafia? Alla figura di Borsellino andrebbe senz’altro intitolata una via o una piazza in ogni città d’Italia, come si è fatto per i “padri” della patria. Di vie senza nome ne restano poche e periferiche? Vero, ma si possono fare anche scelte coraggiose: per esempio, nel centenario della Grande Guerra, quella di togliere una via a Luigi Cadorna, il generale che il 28 ottobre del 1917 scaricò sulla «viltà» di alcuni reparti la responsabilità della disfatta di Caporetto (e non fu il suo unico atteggiamento discutibile, come documentato da Luca Falsini nel libro “Processo a Caporetto. I documenti inediti della disfatta”), per darla al “martire” della lotta per la legalità. Ne sarebbe certamente scaturito un dibattito che avrebbe portato Como ancora una volta all’attenzione della stampa nazionale, ma per una scelta improntata a spirito umanitario.

E se non si voleva togliere nulla a Cadorna, a Como c’è addirittura una piazza senza nome, pensata proprio per i giovani che l’associazione San Francesco intende raggiungere attraverso l’intitolazione della biblioteca: quella tra la sede universitaria di via Valleggio, il Setificio, il Museo della Seta e il campus mai realizzato. Un luogo bisognoso di identità.

La biblioteca, invece, costituiva un’occasione unica, e ora persa, per valorizzare personaggi più emblematici della storia e del patrimonio che custodisce. In primis Plinio il Giovane, le cui lettere sono ancora lette e tradotte in tutto il mondo, ma al quale la sua città non ha intitolato nulla. E pensare che le aveva lasciato parte dell’eredità proprio per istituire una biblioteca, oltre alla terme, sita secondo le ipotesi più accreditate in via Cinque Giornate, quindi a poca distanza da quella attuale. Una valida alternativa, più vicina a noi nel tempo, è Giuseppe Pontiggia, ormai un classico del Novecento, nato a Como e innamorato dei libri (possedeva 40 mila volumi): nel 2006 il suo nome fu proposto attraverso una petizione promossa da chi scrive e che ebbe tra i primi firmatari il poeta, e fratello di Pontiggia, Giampiero Neri, Carla Porta Musa e Alberto Longatti, ma rimase senza risposta. Anche due autori legati al territorio come Gian Pietro Lucini e Carlo Dossi, di cui la biblioteca possiede documenti importanti (ma pure la vedova di Pontiggia sarebbe stata disposta a donarne), non avrebbero demeritato, sebbene meno popolari (o meglio, ingiustamente dimenticati dai più).

Aldilà del nome, la questione dell’intitolazione della biblioteca è una spia della difficoltà di Como a riconoscere, incrementare e valorizzare il proprio patrimonio culturale. L’attenzione per la cultura in città è cresciuta, lo dimostrano i numerosi festival e tante altre iniziative meritevoli e seguite, ma fatica a lasciare traccia. Sono passati 90 anni dall’ultima importante eredità che una manifestazione ha lasciato alla città: il Tempio Voltiano, inaugurato il 15 luglio 1928, “figlio” delle celebrazioni dell’anno precedente. Eppure di stimoli e proposte ne stanno emergendo tanti: dalla valorizzazione, rispettivamente in chiave artistica e botanica, di via Borgo Vico e via Giovio, dal Parco Letterario dei Plini alla Passeggiata dei Nobel sulla diga foranea. Lascia ben sperare per il futuro l’accordo che è stato trovato quest’estate tra il Comune di Como, da una parte, e Archivio Terragni e Fondazione Ratti dall’altra, per una gestione di uno dei capolavori del Razionalismo, l’asilo Sant’Elia, aperta alla cittadinanza. E, tornando al tema delle intitolazioni, rilanciamo quella della Pinacoteca (dove la mostra in corso sull’asilo di Terragni ha portato una ventata di aria fresca) proprio ad Antonio Sant’Elia.

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