Biblioteca, uno solo
dei tesori comaschi
la biblioteca
tesoro comasco

Qui tutto è possibile, tranne la noia». Il qui è Zamonia, la città dei libri sognanti, che è anche il titolo del libro di Walter Moers.

Anche a Como tutto è possibile, volendo, tranne la noia. Almeno per un motivo “strano”, perché c’è una biblioteca di 350 anni. Zamonia è un po’ Como. Come Como è una città fatta di fatica, problemi, paure, relazioni complicate, ma anche di scrittura, scrittori e libri. Libri che in biblioteca hanno anche 700 anni e se li guardi non ti annoi.

Difficile dire quanti anni abbia Zamonia, si sa invece con certezza che la biblioteca comunale di Como ha tre secoli e mezzo da festeggiare in questi giorni. Si sa anche che la biblioteca di Como è un gioiello come e più di Zamonia perché il suo fondatore Francesco Benzi, membro dei giureconsulti, si ispirò per crearla all’Ambrosiana del cardinale Federico Borromeo. Benzi doveva essere un uomo deciso visto che, per creare nel 1663 la biblioteca, lasciava, nel suo testamento al Collegio dei dottori di cui faceva parte, la precisa indicazione (per la verità l’obbligo) di creare un posto dove i libri fossero a uso pubblico. A dir poco lungimirante il Benzi. Intuì che c’erano a Como tanti granellini d’oro, libri e incunaboli, che avrebbero potuto incastonarsi in un diadema straordinario, una biblioteca. Non però un posto ad uso di parrucconi e noiosoni, ma proprio un posto per tanti «dove tutto è - appunto - possibile tranne la noia».

E non è un caso se uno dei massimi esperti di biblioteconomia proprio in questi giorni abbia ricordato che quella di Como è una delle biblioteca più belle, ricche e storiche d’Italia e una, con quella di Berlino, delle più antiche d’Europa.

La biblioteca è un posto magico, perché credi abbia, come tutti i palazzi, un’entrata e una uscita; poi però ci entri e scopri che di entrate e uscite ne ha milioni. Senza voler fare brutta poesia, chi legge entra ed esce un numero di volte infinito in un altrettanto infinito numero di situazioni, secoli, persone. Altro che noia. Ci sono troppe “cose” da vedere, leggere e fare: dlla Bibbia miniata del 1300 alla Divina Commedia del 1400, ai pop up e ai libri consultabili a video.

Oh, ma davvero! Sì, davvero. Per tanti comaschi non sarà una scoperta, se mai una ri-scoperta, la biblioteca , per altrettanti potrebbe essere una sorpresa che non pensavano di trovare nella propria città. E sono tante le belle sorprese recenti di Como, l’apertura della restaurata Porta Pretoria (ogni visita guidata registra sempre il tutto esaurito) non lo è? E la statua di Sant’Andrea, che dopo 250 anni è tornata in Duomo? Appena qualche settimana fa, il critico d’arte Philippe Daverio, in visita a Como, sbarrava gli occhi davanti a tante bellezze concentrate in pochi metri quadrati. Il Sociale lo incantava - e non è nemmeno il caso di ricordare di cosa sia stata capace la portentosa squadra di Barbara Minghetti per celebrare i 200 anni del teatro - girandosi appena sbatteva gli occhi contro il Duomo, la Torre Pantera, appena dietro la Casa del Fascio.

Attenti, aveva detto, valorizzate i vostri preziosi, dite agli altri che vengano a vederli, anche in occasione dell’Expo, perché i milanesi non pensano a voi come a una città forziere, piuttosto come a un posto dove si lavora e si risparmia sull’accoglienza.

Aveva ragione. Come l’hanno due scrittori contemporanei (per non scavare troppo nella storia e farsi dare dei... noiosi): Carlos Zafon ne “L’ombra del vento” e Sam Savage in “Firmino”. Nel primo, un ragazzo finisce nel cimitero dei libri dimenticati, nel secondo c’è un topo che per fame si rassegna a mangiare le pagine dei libri della libreria in cui vive. Esperienze che li cambieranno per sempre perché li costringeranno, loro malgrado, a non annoiarsi mai.

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