Dall’ex ospedale
un grido di dolore

Paragonare l’area dell’ex ospedale Sant’Anna a quella della Ticosa può sembrare un azzardo, suona quasi offensivo. Eppure l’allarme va lanciato, ancora una volta e con più forza. Perché sul destino del maxi comparto di via Napoleona, un quartiere nel quartiere, non arrivano affatto buone notizie. Nonostante appelli, lettere, riunioni, interrogazioni, inchieste giornalistiche, in Regione non hanno ancora recepito il messaggio. D’altra parte non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Intanto il degrado avanza, la salute del luogo in cui si curavano i comaschi è precaria. Se la Regione ha deciso che il progetto con la cittadella sanitaria e la vendita dell’altra zona non va più bene, abbia il coraggio di dirlo. Ce ne faremo una ragione, di fronte a motivazioni serie, e si troverà un’alternativa. Se Maroni e Mantovani, invece, sostengono ancora questo piano - come ha giurato l’assessore in questi giorni - facciano seguire alle parole i fatti. Perché questo territorio non ne può più delle chiacchiere e non intende accettare altri anni (o decenni) senza che si muova foglia.

I comaschi hanno le tasche piene di promesse, di studi preliminari, di bozze e di vertici più o meno tecnici. Como ha premiato il centrodestra alle ultime regionali e attende risposte. Non soltanto sulla questione delle paratie, affrontata dal governatore - bisogna dargliene atto - con rapidità e concretezza. Un’area enorme come quella dell’ex Sant’Anna non è meno importante per il futuro del capoluogo.

È venuto il momento di giocare a carte scoperte. Ci sono problemi? Li si metta sul tavolo, una volta per tutte. L’Asl non vuole trasferirsi in via Napoleona? Usi il linguaggio della chiarezza. Il rischio Ticosa è dietro l’angolo, un disastro nato anche in quel caso dalle “non decisioni” della politica, dalle spaccature, e ben riassunto dalla desolante spianata che oggi occupa lo spazio tra via Regina e via Grandi.

Certo, non tutte le colpe vanno attribuite alla Regione. Gli altri enti, a partire dal Comune, hanno delle responsabilità. I tentativi di alzare la voce, evidentemente, non hanno dato i risultati sperati. E allora bisogna battere i pugni sul tavolo con ancora più forza. Magari chiamando a raccolta i consiglieri regionali e i parlamentari, al di là del colore politico. Finora, con qualche lodevole eccezione, chi ci rappresenta a Roma e Milano non si è stracciato le vesti per dare un futuro all’ex ospedale. Eppure stiamo parlando di una zona strategica, a pochi minuti dal centro, perfettamente servita dai mezzi pubblici e con un enorme autosilo pubblico per i futuri utenti (il tristemente noto Valmulini).

Chissà, forse il problema sta proprio nell’incapacità di immaginare una destinazione per questa fetta di città, nell’assenza di una visione a lungo termine. Sarebbe preoccupante, ma non irrisolvibile. Ben più grave, quasi drammatico, lo scenario di una Regione che semplicemente “snobba” Como. La solita lamentosa Como, che abbaia sui giornali ma poi si rassegna. Ecco, cari amministratori del Pirellone, se i vostri pensieri sono questi non dimenticatevi che esiste sempre il verdetto delle urne. E la moderatissima Como, dopo aver ridotto il centrodestra ai minimi termini alle ultime comunali, complice il flop di Bruni, potrebbe dare una sonora lezione anche la prossima volta, quando Lega e Forza Italia andranno a caccia di una conferma. Non c’è bisogno di un altro muro sul lungolago, basta che a Milano continuino ad alzare le spalle.

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