Due macigni gettati
nello stagno della sanità

Mariella Enoc ha salvato l’ospedale Valduce quando era a un passo dal baratro, sommerso dai debiti e con un “rosso” di svariati milioni. Non è stata proprio una passeggiata, ma lei lo racconta come se fosse la cosa più normale del mondo. «È il mio lavoro», dice. In effetti questa austera manager piemontese - non priva di senso dell’umorismo, per la verità - gestisce da qualche decina d’anni situazioni più che complicate nel mondo della sanità, occupandosi in particolare di ospedali che fanno riferimento a enti religiosi. Ha rimesso in sesto il Cottolengo di Torino, per dirne una, e da qualche mese ha preso in mano la patata bollente dell’ospedale Bambino Gesù di Roma, travolto dallo scandalo “Vatileaks”. Abituata a guardare i numeri - ben sapendo però che un ospedale non è una fabbrica - Mariella Enoc ha preso in mano la situazione e ha iniziato a muoversi come un carro armato. Se vogliamo salvare il Valduce, ha detto su per giù al personale e alle suore, da oggi si fa come dico io. Le hanno dato carta bianca, anche perché si è presentata con uno “sponsor” di peso come Giuseppe Guzzetti (Enoc è il suo braccio destro in Fondazione Cariplo). I risultati sono arrivati, oggi l’ospedale ha i conti in ordine e non è più indebitato con le banche, grazie a un maxi piano di riorganizzazione, alla decisione di esternalizzare alcuni servizi e a quella - sofferta ma inevitabile - di vendere i gioielli di famiglia, in primis il Moncucco.

Tutto bene? Non proprio. La stessa Enoc, nell’intervista che ci ha concesso ieri, ha delineato infatti un quadro a tinte fosche. Basti una frase: «Se mi chiede una buona notizia, le rispondo che nella sanità in questo momento non ce ne sono».

Parliamo del Valduce, ma non più solo del Valduce. Perché la sortita della manager (una che, per intenderci, è stata scelta direttamente dal Papa per il suo ultimo incarico) chiama in causa tutto il sistema di gestione di questo delicatissimo settore. E lancia due sassi nello stagno, o forse sarebbe meglio dire due macigni. Il primo: se i tagli regionali e statali non si attenuano, bisognerà far pagare esami e visite ai cittadini che hanno un reddito alto, anche se sono esenti per patologia o età («con queste cifre restano queste - scandisce - solo così si possono garantire prestazioni gratis a chi davvero non può aprire il portafoglio»). Secondo: se un ospedale supera il budget di spesa assegnato, è giusto che la responsabilità di ripianare le perdite spetti all’ospedale stesso e non ricada genericamente sulla Regione come avviene oggi (ipotesi che sarebbe già al vaglio). Sottinteso: il Valduce ha fatto gravi errori in passato e ora ha dovuto rimediare da solo, perché la regola non vale per tutti?

Enoc ha comunque assicurato che per altri due anni non lascerà l’ospedale comasco e opererà un controllo «rigoroso» dei conti (non fatichiamo a crederci). Una buona notizia, questa sì, per i cittadini. Poi toccherà alla Congregazione, presente e attenta anche in questa fase, scegliere un direttore capace di lavorare senza soluzione di continuità. «Occuparsi di sanità privata in questo Paese - ha concluso la manager - non è proprio facilissimo».

Qualcuno l’ha paragonata alla Merkel, altri alla Thatcher. Lei sorride e ammette solo che la sua vita «è un po’ complicata, con tutti questi incarichi tra Piemonte, Lombardia e Roma». Ma pensa già a nuove sfide. «La prossima settimana devo incontrare il cardinale Bertone, poi tra qualche giorno l’Osservatore Romano annuncerà che il Papa ha chiesto un gruppo di lavoro sulla sanità privata e...».

Sì, per la pensione c’è ancora tempo.

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