E Franti si porta
l’avvocato a scuola

Tutto si sarebbe aspettato, il buon Edmondo De Amicis, tranne che un giorno Franti si sarebbe presentato in classe con l’avvocato.

I lettori del famoso “Cuore” ricorderanno la scena, patetica tra le tante scene patetiche del libro, in cui la mamma del monellaccio supplicava il Direttore – rigorosamente con la D maiuscola - di riprenderselo una volta di più. «Mi faccia la grazia!» singhiozzava la povera donna. «Io spero che cambierà. Io già non vivrò più un pezzo, signor Direttore, ho la morte qui, ma vorrei vederlo cambiato prima di morire perché è il mio figliuolo, gli voglio bene, morirei disperata». E il Direttore, severo ma commosso, ingiungeva al delinquentello di riprendere il suo posto. All’uscita di scena di lei, scossa da una tosse evidente annuncio di agonia, egli ammoniva il ragazzo: «Franti, tu uccidi tua madre». E qui a De Amicis non pareva vero di poter ricalcare il Manzoni: la «sventurata» del secondo «rispose», l’«infame» del primo, «sorrise».

Altri tempi, altra scena. La mamma di Franti scende dal Suv e, zampettando sulle Manolo Blahnik, accompagna il figlio alla porta dell’aula sbaciucchiandolo e rincuorandolo: «Non preoccuparti, povero caro. Adesso li sistemiamo noi, questi cattivoni. Non è colpa tua: sono loro gli ignoranti. Non sanno che quando senti pronunciare un congiuntivo ti viene quella brutta irritazione sulla pelle. Adesso facciamo causa alla scuola».

A pochi passi dalla mamma zampettante e dal figliolo che, di quelle parole, nulla ha potuto sentire perché si sta sparando Mistaman negli auricolari, procede infatti l’avvocato, munito di regolare cravatta e con il ricorso, come una baionetta, sempre inastato.

Non è una scena del tutto inverosimile. Al contrario, lo è più di quanto ci piacerebbe pensare. Lo leggerete in un articolo ne La Provincia di martedì 20 maggio: il dirigente scolastico dell’Itis Magistri Cumacini, Enrico Tedoldi, spiega che negli ultimi tempi la «litigiosità è esplosa». A fronte delle bocciature, «le famiglie scelgono la strada del ricorso. Lo fanno anche per contrastare provvedimenti disciplinari, magari sospensioni, chiedendo l’accesso agli atti. Come scuola cerchiamo di ragionare con loro ma il più delle volte pretendono perfino il risarcimento dei danni morali».

Siamo passati da “Cuore”, con la sua scuola ottocentesca, patriottarda, autoritaria e paternalistica, a “The Good Wife”: come ti muovi, ti faccio causa. E, diciamocelo, non è solo una questione scolastica. Si incomincia la domenica sera rifiutando, se sfavorevole, il risultato della squadra di calcio: «Ladri, prescritti, compratori di arbitri, senza aiuti non vincete». Stesso atteggiamento, ovviamente, lo si tiene durante la partita del figliuolo, iscritto alle giovanili, ça va sans dire, «perché faccia dello sport».

Il lunedì mattina, poi,siamo in piena azione. La multa, intanto, non la pago, e se costruire una piscina privata sul terreno del demanio davvero non si può fare, beh, che lo decida il Tar. Anche come elettori siamo dei frignoni: tutti vittime di “lorsignori”, tutti agnellini sgozzati dalla lama dei partiti, tutti esempi di civismo strizzati da una Casta avida e insaziabile che, ovviamente, non ci assomiglia per nulla. Fosse per noi, faremmo scontrini e fatture a ogni passo: se sorvoliamo sull’Iva è sempre e solo colpa dei politici, delle banche, dell’Europa e, in ultima analisi, della Merkel.

Intendiamoci: nessuno pretende che si torni al popolo bue, ai servi della gleba, ai destini indivisibili del Re e dei suoi sudditi, ma un prof deve avere il diritto di bocciare e un vigile quello di dare la multa: poco ma sicuro. L’autorità, entro certi limiti, va prima rispettata e poi discussa, soprattutto quando, bocciandoci il figlio bestia in matematica, fa un piacere a lui e anche a noi. Altrimenti a bocciarci senza appello ci penseranno la vita prima e la Storia poi. E allora saranno dolori.

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