Ecco il sindaco
che dovreste votare

Avete presente il Fantozzi con gli incubi in cui apparivano (si può citarli ormai sono tutti in un mondo migliore) Andreotti, Berlinguer, Craxi, Spadolini, Almirante ecc. per cercare di carpirgli il consenso alle elezioni, “anticipate, naturalmente”, perché “Pina, stammi a sentire: se io sbaglio il voto questa volta va a finire che non mangiamo e non mangiate per una decina d’anni!”? Ecco se oggi e, magari tra due domeniche per l’eventuale ballottaggio a Como, Cantù ed Erba, si toppa, il nostro territorio rischia davvero di far la fame, di avvizzire per i prossimi due lustri. Arriviamo, il discorso vale soprattutto per il capoluogo, ma non solo, da un lungo periodo in cui le ombre hanno sovrastato le luci che pure a volte si sono accese. Ma non abbastanza per garantire un futuro luminoso. Intendiamoci, le responsabilità non sono state solo di coloro che si sono alternati sugli scranni di primo cittadino ( per qualcuno sì e pure pesanti ed è inutile fare nomi), ma vanno ascritte anche alla difficoltà della sfida che si sono trovati davanti. Quella di un territorio in una fase di profondo cambiamento, difficile da decifrare, in cui la globalizzazione ha scompigliato parecchio le carte e contribuito a determinare una profonda crisi di identità. Ecco perché il local (cioè il livello di governo più vicino ai cittadini) deve saper esprimere personalità forti, autorevoli capaci di relazionarsi con un qualcosa che coincide ormai con quasi tutto il mondo. Una volta si diceva che per fare politica bastasse essere onesti. Ora è una condizione sempre necessaria ma non più sufficiente. Oltretutto allora le casse erano piene e se nessuno ci infilava le mani in maniera impropria, era fatta. Adesso, specie per i Comuni, i forzieri sono sempre più vuoti. Caso mai si tratta di essere capaci di colmarli per garantire i servizi ai cittadini e gli investimenti per la comunità.

Un tempo esisteva, sul territorio, un gruppo di comando, personalità autorevoli, preparate e ben introdotte che sapevano coniugare gli interessi generali con quelli particolari. Il sindaco doveva solo elaborare proposte e avrebbe trovato la strada spianate per concretizzarle. Adesso deve arrangiarsi da solo. Per questo, una delle più grosse panzane che si ascoltano in tutte le campagne per le elezioni comunali è che la politica va lasciata fuori. Balle. La politica, quella vera, quella alta, che produce elaborazione di idee e linee guida è fondamentale. E non importa se il primo cittadino sia espressione di un partito o di una lista civica. La capacità politica è fondamentale, altrimenti basterebbero i funzionari a (nomen homen) a far funzionare un Comune. A un sindaco si deve chiedere di più. Deve essere in grado di migliorare la qualità della vita dei propri cittadini e di lasciare un segno positivo anche per i posteri. Lo hanno fatto tanti amministratori del passato di palazzo Cernezzi a Como, Piazza Prepositurale a Erba e piazza Parini a Cantù. E i benefici si avvertono ancora oggi, come tuttora si subiscono tanti errori clamorosi.

Ecco, chi vota (ammesso che ne abbia voglia dopo il desolante spettacolo offerto dalla politica nazionale di questi ultimi giorni) dovrebbe tenere conto di questi aspetti, vedere se coincidono con l’identikit di qualche candidato e, nel caso, sceglierlo senza indugi, magari anche a prescindere dall’appartenenza politica. Perché se sbagliamo questa volta... Fantozzi docet.

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