Expo vicino o lontano
La parola passa a noi

Expo dietro l’angolo. Nel tempo è così, anche nello spazio assicurano Trenitalia e Trenord lanciando le nuove corse.

Certo, guardando i minuti di percorrenza nella nostra epoca sempre di corsa, potrebbe non apparirci così. Perché siamo di fretta, perché siamo incontentabili, perché dobbiamo lamentarci, a torto o a ragione.

Ma adesso c’è un filo diretto tra l’Esposizione universale e il Lario. E l’aspetto ferroviario diventa (anche) una metafora.

Nel cuore di Expo, nel Padiglione Italia, c’è quello che ha il nome impegnativo di Como Business Center, ma si può tradurre in una parola: occasione. Avere una mezza giornata, o intera, o più possibilità di portare la propria azienda o l’attività di un’associazione, di un gruppo in un luogo dove passano milioni di visitatori, è proprio questo.

Quanti comaschi finora hanno raccolto l’opportunità? Significativo il fatto che di fronte a questa domanda, ieri siano girate due risposte contrapposte da parte di chi interveniva alla presentazione del progetto della Camera di commercio, presentazione che si trasformava in un appello.

Pochi, hanno commentato alcuni. Tanti, è stato il commento di altri, più portati all’entusiasmo apparentemente. Ma è anche vero che la stessa realtà può essere letta in diversi modi, e questo vale più che mai per Expo.

Se volessimo dilungarci nell’elenco dei ritardi, delle dimenticanze, dei vuoti che hanno scandito questa vicenda decisamente all’italiana, non finiremmo più. Como si è mossa in anticipo, ha provato a fare sistema, ha pensato in grande con lo stand in alleanza insieme ad altre province e ha dovuto ridimensionare il sogno, quando è arrivata la tempesta governativa sugli enti camerali.

All’inizio del 2014 si batteva ancora sul fatto che nel territorio andasse creato il pathos per Expo. Lo affermavano ugualmente l’imprenditore Attilio Briccola (che guida Sistema Como) e il segretario della Cgil Alessandro Tarpini.

Oggi se ci sono quasi 120 giornate da riempire al Como Business Center, è segno che sulla percezione bisogna lavorare ancora. Ma nello stesso tempo ci sono quasi 70 spazi già occupati, da imprese, istituti e associazioni. Ed è un segnale positivo se sono solo l’inizio, se i primi arrivati riusciranno a contagiare rapidamente gli altri.

Anche in questo caso i numeri contano, non solo per giustificare i soldi scommessi su questa iniziativa. Confermano la fiducia di un territorio che più di altri potrebbe ottenere vantaggi dal passaggio di Expo e non solo dal punto di vista turistico.

Potrebbe, come mentalità, perché se si impara davvero a fare squadra ora, se si superano le divisioni, è un investimento che non conosce mai scadenza. Perché, anche solo sfogliando i temi del Padiglione Italia, alcuni - moda in testa - sembrano messi lì apposta per Como. Perché si darà spazio ai giovani e questi ultimi sono i più entusiasti, quelli che potranno coltivare e raccogliere i frutti del filone di Expo.

Sì, l’Esposizione universale è arrivata, ma la sua vicinanza e la sua lontananza non dipendono solo dalle infrastrutture: a fare la differenza saremo noi. Al Lario, alle associazioni, alle imprese, a ogni istituzione passa la parola. Che per una volta significa fatti.

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@Marilena Lualdi

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