Frontalieri e spropositi
sull’equità fiscale

Si leggono commenti del tipo «Il governo li vuole spremere», «Li sta massacrando per fare un piacere alla Svizzera», «Li tratta come merce di scambio».

Chi sono? I frontalieri. Un esercito di 62 mila lavoratori, quanti sono quelli attualmente occupati nei tre Cantoni di frontiera: Ticino, Grigioni e Vallese. Insomma, 200 mila voti. Un piatto ricco, quindi. E dei frontalieri in questi ultimi mesi se ne parla molto. Spesso a sproposito. Anche a livello parlamentare e regionale. Ad alimentare la discussione il nuovo trattamento fiscale dei frontalieri, introdotto dall’accordo italo-svizzero, dello scorso mese di dicembre. Il nuovo sistema fiscale si ispira ai «principi costituzionali di capacità contributiva e progressiva», come prevede l’articolo 53 della Costituzione italiana che recita: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». E casomai non fosse noto il sistema contributivo italiano è informato a criteri di progressività: chi più guadagna, più paga, per sostenere le spese pubbliche: infrastrutture (strade, ferrovie, porti) e i servizi sociali dello Stato (ospedali, assistenza sanitaria, scuole, sicurezza, giustizia, amministrazione pubblica).

«Per un principio di equità i frontalieri, con il nuovo trattamento fiscale, saranno allineati ai lavoratori italiani», per cui pagheranno di più, in conseguenza del fatto che le aliquote fiscali in Italia, sono superiori a quelle svizzere.

Non ci sono dubbi sul fatto a nessuno fa piacere pagare le tasse. Non a caso infatti siamo primatisti mondiali in fatto in fatto di evasione fiscale. Tuttavia, secondo ad alcune proiezioni dei tecnici del ministero dell’Economia, a parità di reddito, i frontalieri pagheranno meno rispetto ai lavoratori italiani. Si parla di proiezioni in quanto ogni singola posizione contributiva si differenzia dalle altre, per una serie di fattori. È comunque previsto un aumento compreso fra il 10 e il 15 per cento. Questo perchè una volta che l’accordo sarà stato ratificato dai due Governi e tradotto in legge di Stato dai rispettivi Parlamenti, dovranno essere approvati i decreti attuativi su alcuni aspetti che concorrono a determinare l’imponibile da tassare, quali franchigia, onere detraibili e deducibili di cui attualmente i frontalieri non beneficiano. Le deduzioni e le detrazioni sono modalità che servono ad abbattere il reddito.

A questo proposito l’elenco è lunghissimo. Alcuni esempi: il mutuo della casa, le spese sanitarie e per l’istruzione secondaria e universitaria. Con deduzione e detrazione si ottiene un reddito imponibile ridotto rispetto al reddito complessivo. I decreti attuativi debbono essere approvati entro la fine del 2017, considerato che l’entrata in vigore del nuovo trattamento fiscale dei frontalieri è prevista nel 2019. Dopo un periodo transitorio, con aliquote fiscali progressive, andrà a regime non prima del 2029. Un lasso di tempo abbastanza lungo che potrebbe riservare sorprese in grado di condizionare l’applicazione del nuovo sistema fiscale. È infatti previsto che ogni cinque anni sia fatto il punto sullo stato dell’arte.

Le proiezioni sono contenute in uno studio del Mef (ministero dell’Economia e delle Finanze): «I lavoratori frontalieri in Svizzera. Carburante di qualità nel motore dell’economia elvetica, in particolare ticinese». Uno studio di cui siamo entrati in possesso. Il ristorno dei frontalieri è destinato a scomparire. Con una legge dello Stato i comuni di frontiera continueranno a beneficiare del contributo proveniente dalla Svizzera.

Con l’aiuto di un amico frontaliere siamo in grado di proporre un esempio: celibe con contratto al 60% su base di 60mila franchi al 100%, ha una retribuzione lorda annua di 36.000 franchi. L’imposta alla fonte del 3,7% equivale ad una trattenuta di 1.332 franchi. Lo stesso frontaliere attualmente per Avs, Ad, Ade, Ainp e Lpp ha trattenute per 4.698 franchi. L’importo netto attuale percepito è do 29.970 franchi. Una volta a regime il nuovo sistema fiscale, il ’’nostro’’ frontaliere, con la franchigia di 7.500 franchi (6.700 euro al cambio attuale) sul reddito imponibile, sarà chiamato a pagare 1.400 euro in più all’anno. Un lavoratore italiano, con lo stesso reddito, ma senza franchigia, ha un carico fiscale superiore di circa 600 euro. I principi di equità e giustizia sono patrimonio di un Paese serio. Il nostro non lo è.

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