Gridare al lupo
nella città oscura

Non siamo qui a gridare al lupo. Che a farlo troppo spesso poi alla fine, quando il lupo compare davvero, nessun più ci crede. Non sarà certo un singolo episodio quindi, ancorché oggettivamente gravissimo, a trasformare una città tutto sommato sicura in quel Bronx che non è. Eppure i 25 minuti che venerdì hanno gettato nel panico tre donne, rapinate a malmenate da un ragazzo in cerca di soldi, meritano una riflessione. Anzi, tre.

Partiamo dalla sola nota positiva che la cronaca di quella sera di straordinaria follia ha saputo trasmettere. Ovvero la pronta risposta delle forze di polizia. Dopo la prima telefonata al 112 in giro per la città era già partita la caccia all’uomo di carabinieri e questura. E prima delle 21 il sospettato – riconosciuto da tutte le donne aggredite come l’autore delle rapine – era già al Bassone. La traduzione sta nei fatti più che nei commenti: non c’è spazio per fatti violenti a Como. Prevenirli tutti è ovviamente pura utopia, ma la risposta delle istituzione quando qualcosa di veramente grave avviene non si è quasi mai fatta attendere. Insomma, la parte repressiva della risposta da dare a chi commette reati gravi pare funzionare.

Seconda riflessione: la prevenzione. Le tre aggressioni sono avvenute in zona particolarmente buie della città. Non è un mistero il fatto che la mancanza di illuminazione non si limita ad aumentare il senso di insicurezza soggettiva delle persone, ma contribuisce a far crescere un’oggettiva illusione di impunità nei delinquenti.

Una decina di anni fa il primo atto che fece un questore appena arrivato in città fu quello di convocare l’allora sindaco del capoluogo per consegnargli un lungo elenco con tutte quelle vie dove l’illuminazione doveva essere necessariamente migliorata in ottica sicurezza. Da allora la situazione, anziché migliorare, è peggiorata. Como, ormai da diverso tempo, è alle prese con una rete obsoleta: cali di tensione, lampioni troppo spesso spenti, lampade fulminate. Il risultato è una città più buia con intere zone – viale Varese in testa, ma non soltanto – oggettivamente poco rassicuranti.

La crisi di questi anni, tra i tanti effetti nefasti che ha regalato al nostro Paese, ha inserito in elenco anche questo: casse delle amministrazioni comunali vuote e conseguente impossibilità di investire in sicurezza.

Terza e ultima riflessione: le vittime. È triste dover constatare che ancora una volta - verrebbe da dire inevitabilmente - le persone che vengono sacrificate nelle fiammate, come quella di venerdì, di fatti criminali sono le donne. E, assieme a loro, le persone anziane. La riflessione rischia di suonare stucchevolmente sociologica, ma prima o poi dovremo anche fare uno sforzo e guardare all’essenza di ciò che ci accade attorno per scoprire che la cultura del rispetto non può essere solo uno slogan. Che il problema della tutela delle persone più deboli è reale. E che - incredibile ma vero - è anche con la cultura che si prevengono davvero episodi di violenza nei confronti delle categorie più indifese.

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