Guardarsi da fuori
e scoprirsi migliori

La sorpresa della donna di fronte alle maschere di Schignano: ma voi non siete del nostro lago. E la reazione giustamente sdegnata, fiera: certo che lo siamo.

In questi sette giorni di mostra multimediale dedicata a Como a Expo sono sfilate quasi 30mila persone. In gran parte italiane, non poche straniere comunque: da Europa, Usa, Asia.

Chi è rimasto maggiormente colpito? Forse proprio i comaschi. Quasi tutti sono usciti con un sorriso: sì, siamo proprio così, si sono detti. Quasi tutti hanno trovato però anche un motivo, un particolare in grado di sorprenderli. Lo confesseranno o no: sarà questo che più probabilmente si porteranno dietro con maggiore soddisfazione o comunque si ricorderanno di più.

Perché in questi giorni a Expo, e volendo in quelli che verranno, ci si è scoperti migliori. Come si è e come si potrebbe essere: ad esempio se si tenesse pulito il territorio oppure si lavorasse più frequentemente insieme, senza cadere in tentazione di divisioni sterili e anacronistiche in un mondo globale e dove competere è impresa ardua.

Non è facile, ma da Lake Como Essence si esce anche con questa consapevolezza: è possibile. Per dirla con le parole di Attilio Briccola, responsabile di Sistema Como: adesso abbiamo più chiaro chi siamo.

Non perché ce l’abbia detto Diana Bracco, o Beppe Sala che ieri ha messo un fiocco straordinario, senza farsi troppo notare, sull’accattivante pacchetto messo in vetrina da Como questa settimana. Non perché ce l’abbia spiegato la giornalista americana o la visitatrice cinese. Loro, sono stati importanti: tutti. E così gli italiani provenienti da altre regioni, che magari in coda per Palazzo Italia, hanno voluto dare uno sguardo a un lago tra i più affascinanti

Ma Como ha soprattutto avuto la possibilità di guardarsi da fuori. E ha messo insieme realtà prima, se non impensabili, poco inclini a remare nella stessa direzione.

In fondo l’altro piccolo prodigio ieri è andato in scena lontano dai riflettori: Cantù ha presentato la festa del legno al Como Business Center e appoggiato la candidatura a capitale della cultura.

Non è nato dal nulla, tutto questo, bensì da un lavoro preciso. Solo così, unendosi, ascoltandosi, anche scontrandosi ma avvolgendosi nell’amore per quel Lake Como che non si limita alle acque del lago ma raggiunge pure altri tesori naturali o produttivi, qualcosa può cambiare. E forse sta già cambiando.

Significa ritrovarsi, come i tre fratelli di Garzola che sono entrati e hanno urlato guardando la parete con la foto del lago: quella è casa nostra. Tra quelle pareti, per una incredibile settimana, si sono riconosciuti i comaschi e i brianzoli, chi abita nell’alto lago e chi vive a Erba.

Un’identità agguantata nuovamente, con più chiarezza appunto, guardandosi da fuori. Mantenerla sarà tutt’altro che facile. Ma è il compito che Expo in fondo affida a Como e che il Lario non può permettersi di sbrigare in fretta. Ci deve mettere la stessa anima che ha saputo tirar fuori per questa mostra (e l’esperienza dell’Esposizione universale non è certo finita, ora il lavoro continua).

La stessa determinazione, che però non dev’essere arroganza.

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