I compiti dei nuovi
senatori a vita

Servivano altri, dopo Monti e gli ex Presidenti della Repubblica, quattro senatori a vita? La domanda assume toni retorici in tempi di tagli, più annunciati che reali, ai costi della politica. Eppure, anche in questo caso, la questione è più complessa di quanto il dibattito politico e pubblico non lasci trasparire.

Anzi tutto, va detto che il Presidente della Repubblica ha esercitato una sua prerogativa costituzionale, derivante dall’art. 59 della Costituzione. Siamo dunque nella più piena e indiscutibile legalità costituzionale e, di questi tempi e in questo Paese, non è poco... Inoltre, Napolitano ha esercitato questo potere in una forma assai sobria, aderendo cioè all’interpretazione del testo costituzionale secondo cui i senatori a vita nominati dai Presidenti della Repubblica non possono essere più di cinque in tutto il Senato. Altri Presidenti, nel passato, da Pertini a Cossiga, avevano aderito a un’interpretazione più “generosa”, secondo la quale ogni singolo Presidente avrebbe potuto nominare cinque senatori a vita, con la conseguenza che, contestualmente, nel Senato avrebbero potuto essercene (come è successo) più di cinque. Fanno dunque davvero sorridere, per non dir di peggio, le polemiche, talora sguaiate, di esponenti politici i cui partiti (e talora i cui leader acclamati) si sono macchiati di sprechi ben più consistenti, frutto peraltro di gravissime forme di illegalità. Altre critiche fuori bersaglio sono quelle di chi lamenta la mancata nomina di esponenti di rilievo partitico di primissimo (Berlusconi) o secondo piano (Pannella).

A parte il fatto che la nomina dei senatori a vita è un potere di appartenenza presidenziale, i (non richiesti e inopportuni) suggerimenti appaiono nel merito insostenibili, sia per la discutibilità intrinseca dei personaggi indicati (accertata ormai giudizialmente), sia - più sottilmente - per la natura politica (nel caso di Pannella) dei loro (presunti) meriti. Anche per questo profilo, infatti, merita apprezzamento il ritorno, segnato dalle nomine di Napolitano, al senso più genuino della norma costituzionale dell’art. 59, con il quale si intendeva arricchire la rappresentanza parlamentare di sensibilità - di natura sociale, scientifica, artistica e letteraria - difficilmente misurabili con il (solo) metro del consenso elettorale. La nomina di senatori a vita per meriti in ambito politico-istituzionale (come è accaduto nel passato con il caso, ad esempio, delle nomine di Andreotti e di Colombo) appare distante dallo spirito della norma, qualunque sia la valutazione sul merito - o demerito - politico del personaggio insignito. I nominati di Napolitano rispondono allo spirito della norma costituzionale, posto che si tratta di figure di riconosciuto spessore scientifico, culturale e artistico (Abbado, Piano, la Cattaneo, Rubbia).

Più serie e meritevoli di discussione sono le posizioni di chi contesta la pertinenza e l’utilità in sé di questa presenza, come prevista dalla Costituzione, ritenendola un residuo del passato, dal sapore un po’ aristocratico e dal tratto di dubbia democraticità. Per affrontare questa obiezione è necessario analizzare il senso della presenza dei senatori a vita nel contesto del nostro attuale bicameralismo, in attesa di una sua eventuale riforma. Nella nostra Costituzione, infatti, la seconda camera - il Senato, appunto - è inteso come una camera di riflessione o di raffreddamento, chiamata cioè ad assicurare un raddoppio dell’esame rispetto alle decisioni della Camera dei deputati.

Entro questo modello di bicameralismo - e finché non lo si riforma - la presenza di un elemento di riflessione critica, costituito da esponenti autorevoli (per “altissimi meriti”) della cultura, dell’arte o della scienza, dà prestigio alle istituzioni e fornisce un apporto critico, non omologabile alle logiche partitiche o di maggioranze, utile e coerente con lo spirito del bicameralismo di riflessione. Questo è dunque il ruolo che possono giocare questi senatori, che hanno gli stessi poteri di quelli elettivi: non irreggimentarsi - come componenti organiche - entro uno schieramento o una maggioranza/opposizione di governo; ma offrire un punto di vista critico, numericamente esiguo, ma culturalmente autorevole e significativo; presidiare l’attenzione dovuta ad ambiti della vita sociale (cultura, arte e scienza in primis), per i quali la politica - prigioniera di orizzonti corti - non sempre mostra la sensibilità adeguata.

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