I tessuti ai cinesi
la sfida di como

Vendere i tessuti ai cinesi: suonava un po’ folle, quasi una barzelletta (anche se questi non sono proprio tempi in cui concedersi una risata), dopo anni in cui il tessile italiano e quello comasco si sono sentiti il fiato del colosso asiatico sul collo.

Formula degna del piazzare il ghiaccio dagli eschimesi.

Ma qualcosa è cambiato, forse anche perché Como ha saputo restare leale nei confronti di se stessa.Mettersi in discussione, sì, una dote fondamentale, che si è praticata negli anni più terribili della crisi economica. Quella crisi che ci intestardiamo a chiamare globale, anche se la caduta di molti mercati ha portato l’impennata di altri.

Bene fermarsi e dirsi che qualcosa va trasformato. Individuare i propri limiti, come l’ostinazione a procedere da soli, a non condividere successi e sfide con il Distretto, a vedere soltanto l’altro come concorrente. Qui, era giusto darsi una regolata. O ancora - giusto per fare un altro esempio - imparare a proporsi in maniera differente, ascoltare i mercati sempre più numerosi e particolari e cercare di comunicare loro cosa si sa fare e perché.

Eppure c’è qualcosa da tenersi stretto: la coerenza nella qualità. Non pagava, all’inizio, o così sembrava. Ma oggi che il Distretto tessile guarda alla Cina con occhi diversi (come è apparso ieri nel convegno di Unindustria con Intesa Sanpaolo) sa che è proprio lì che si gioca la differenza.

Che come si producono qui i filati, i tessuti, non avviene da nessuna altra parte del mondo. Che i cinesi possono essere stati concorrenti, ma che la globalizzazione è un cammino con tappe diverse e questa per il Lario è la più interessante.

La Cina è cambiata e la crescita dell’export in terra asiatica lo confermano: ora sono i tessuti comaschi che viaggiano in quella direzione, che fanno gola a una classe media in continuo aumento. Tessuti e non solo perché nella stessa missione è impegnato ad esempio il settore dell’arredo.

La Cina è cambiata e non fa più (solo) paura.Come ha bene fotografato Claudio Taiana, il concorrente agguerrito e bollato come sleale, ora è diventato anche un cliente. Chi è partito presto con questa visione, chi ha messo gli occhiali giusti nel momento propizio sta già raccogliendo i frutti. Chi si sta spingendo ora verso questo immenso mercato, sa di non doverlo fare da solo.

Una reazione, quella dell’industria lariana, dove orgoglio e umiltà sono stati sapientemente miscelati come i colori di cui va tanto fiera. Non lasciandosi andare, ma investendo costantemente e studiando varchi in un’area apparentemente nemica, il sistema di Como è rimasto in piedi ed è ripartito.

Sistema è una parola chiave, perché è unendo le forze che ha potuto reggere alla scossa di una globalizzazione prima velenosa e poi quasi capace di curare. Perché in un momento in cui il mercato interno è crollato, solo il mondo - pur con tutti i suoi ostacoli - ha tracciato una strada verso il futuro.

Così il tessile oggi porta qui proprio il mondo e lo si è visto anche con Comocrea, senza confini, sapendo che non può essere copiato. E gli imprenditori hanno fatto tesoro della necessità di allearsi anche in settori meno tradizionali per il Lario, come sta accadendo con i nuovi investimenti di Como Venture.

Qualcosa è cambiato: anche noi, moltissimo. Ma la coerenza sta cominciando a pagare: a patto di continuare a investire, tutti insieme.

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