I tifosi del Como
tra prudenza e speranza

Avolte ci vorrebbero gli articoli “on demand”. Il caso della cessione del Como, è una di queste. Caro lettore-tifoso, da dove vuoi cominciare? Consulta il menu: illusioni, speranze, incongruenze, pessimismo, scetticismo...

Facciamo così: partiamo dai fatti. I fatti sono che per la terza volta in tre anni qualcuno si è mosso dall’altra parte del mondo per comprare il Calcio Como. L’americano Piazza nel 2016, Lady Essien (inglese ma a spinta africana) e adesso una complicata matassa americana-inglese-indonesiana. Per non fare passi avventati, basterebbe fermarci qui. È un fatto che non può contestare nessuno. Tre in tre anni, sono i famosi indizi che fanno una prova. E cioè che sotto il naso di Como stanno passando delle opportunità nuove, impensabili sino fino a qualche anno fa, per via del suo conclamato brand. Ma ai tifosi, del brand interessa sino a un certo punto. E allora ci si chiede: come dobbiamo accogliere questa strana e complicata operazione, comprensibilmente accolta come un ufo? Dobbiamo essere ottimisti o pessimisti?

Solo per la legge dei grandi numeri, dovremmo essere fuori dai pericoli. Non è che necessariamente tutti i matti si debbano dare appuntamento fuori dall’uscio del Como. Viceversa, dovrebbe spuntare presto anche il cartello di “Scherzi a parte”. La verità è che l’operazione (ancora tutta da spiegare) che ha visto l’arrivo di questa proprietà straniera, è simile ad altre che hanno avuto oggetto società di calcio italiane. Realtà estere non bene identificate, che fanno business sfruttando il calcio. Se tutto funziona, ce n’è da mangiare per tutti. Tifosi e amanti del business. Certo, viene più normale credere a una operazione (visto lo spiegamento di forze) con oggetto una società di B, dove basta inserire la chiave per far girare il motore. Qui invece il motore è tutto da ricostruire, significa patire da lontano. Ma lontano lontano. E leggere, nel comunicato di ieri, di “entertainment” o “merchandising” fa sorridere. Ma dobbiamo assolutamente scacciare la tentazione dello scetticismo, che è sport preferito della nostra città. Quello che non possiamo prevedere, è quanto tempo si siano dati i nuovi proprietari per vedere dei risultati, sportivi o di marketing.

Riguardo all’articolo “on demand” di cui sopra, beh possiamo insistere sul tema del positivismo: il designato Ad Michael Gandler ha passato tre anni all’Inter e prima era manager della MLS, lega americana. Insomma, le cose le sa, conosce il nemico che è la prima regola per batterlo. Poi spunta la novità vera di ieri: il ricchissimo indonesiano Robert Hartono, che potrebbe essere dietro l’operazione. Fosse vero, il puzzle potrebbe comporsi: amico di Thohir, conosce Como per esserci stato ai tempi della sua collaborazione nerazzurra, e a capo di una azienda tv che vuole sfondare in Europa. Gli obiettivi sono una cosa, i risultati un’altra: ma perché bollare subito come una bufala tutto?

Certo, tutto appare (e lo ripetiamo)come un grande esame per la città di Como. Nel caso fosse una cosa seria, intendiamo. Magari un treno utile per svegliare un po’ tutto il movimento, la mentalità, la filosofia. Per una città che voleva rimandare al mittente i visitatori della Città del Balocchi perché troppo numerosi, o non voleva il Giro d’Italia perché c’erano troppi pochi vigili urbani a disposizione, potrebbe essere un bivio molto interessante. Il pessimismo? Facile: anche qualora ci fossero tutte le migliori intenzioni del mondo, le realtà straniere sono sempre a rischio disamoramento immediato. Quando si rompono le scatole, piantano tutto e arrivederci. Però, dai: non sono ancora partiti. Perché pensare male? Un po’ di positività. Partiamo e andiamo. Chi vivrà, vedrà.

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