Il coraggio di pensare
a una Como che cambia

A Como non succede mai niente. Una grande novità - ma ormai è materia per gli storici - è stata la nascita del polo universitario quando attori pubblici e privati compresero al volo l’importanza del progetto e si sono messi a lavorare gli uni accanto agli altri nella stessa direzione. Altrimenti è sempre la solita solfa. E la Ticosa che non si fa. E i grandi parcheggi che servono ma restano un sogno. E il lungolago fermo. E l’assenza del metro leggero e della tangenziale (su quella realizzata meglio stendere un velo pietoso).

I comaschi sono talmente allergici al cambiamento che basta poco per scatenare mezze sollevazioni popolari. Vogliamo parlare della raccolta differenziata? Lo scorso giugno abbiamo vissuto due settimane in apnea tra i sacchi lasciati in strada a ogni ora del giorno e della notte. Oppure del monumento a Libeskind? Un regalo alla città su cui si sono creati fronti con opinioni diverse e questo sarebbe normale se non fosse per il tono del dibattito pubblico che ha trasformato il progetto nel problema capitale della Como del futuro. Come se i guai o le fortune dei nostri figli dipenderanno dal progetto del grande architetto americano.

In un contesto del genere bisogna riconoscere che l’assessore al traffico, Daniela Gerosa, ha molto coraggio. Ieri, in un incontro pubblico, l’assessore è tornata ad affrontare il tema dell’addio al girone e soprattutto della chiusura del lungolago al traffico privato. Se n’è parlato alcuni mesi fa quando il Comune ha affidato uno studio in tal senso una società specializzata ma allora, diciamocelo, in tanti l’hanno presa come una sortita ferragostana, una bella provocazione utile ad alimentare le chiacchiere nei bar del centro e in consiglio comunale. Un po’ di fumo, destinato a rimanere tale. E invece no. L’assessore oggi entra nel merito, argomenta, ipotizza chiusure sperimentali nell’arco dell’estate per valutare l’impatto della chiusura al traffico. Si tratta di un approccio a cui i comaschi non erano più abituati da un bel po’.

In tema di viabilità, per trovare qualcosa di significativo, bisogna risalire a ventotto anni fa quando la giunta del sindaco Sergio Simone varò il cosiddetto Girone lungo la città murata, l’unica vera iniziativa messa in atto per limitare l’impatto del traffico in convalle. Il senso unico se è durato sino ad ora, non deve essere stato una totale sciocchezza. Anzi, alla lunga, soprattutto dopo l’organizzazione dell’onda verde semaforica, ha davvero ridotto le code e il livello di intasamento del centro. All’inizio però la novità fu accolta da gran parte dei residenti come una vera e propria iattura. Ci furono polemiche in consiglio comunale, ma anche raccolte di firme e persino scritte sui muri per chiedere di fare marcia indietro. L’idea del lungolago pedonale – anche se l’assessore ha specificato di volere evitare stravolgimenti – ha una portata pari all’avvio del girone. Prepariamoci agli opposti estremismi. Da una parte quelli del tutti a piedi con la macchina a Lazzago. E dall’altra quelli del qui non si può fare nulla e poi il lago si vede lo stesso dal finestrino. Urla e strilli quando ci sarebbe bisogno di un po’ di serenità nel valutare un progetto, questo sì, che ha a che fare, non poco, con la Como che verrà. Sui temi della vivibilità e dell’accoglienza ci giochiamo un bel pezzo di futuro. Almeno su questo sarebbe utile mettere da parte pregiudizi e tesi precostituite (se in Italia ci sentiamo tutti meglio di Conte bisogna dire che non c’è comasco che non ritenga di essere un espertone di traffico), ascoltare i tecnici e capire a che prezzo è fattibile un’operazione del genere. Vale la pena almeno pensarci.

© RIPRODUZIONE RISERVATA